Max Pezzali, com'è andato il viaggio?
«I seicento chilometri in Harley Davidson da Pavia a Roma li ho fatti alla vecchia maniera: da solo, senza assistenti, beccandomi anche la pioggia».
Obiettivo?
«Capire se è venuto il momento di fare le conferenze stampa da remoto collegandomi da una Rsa oppure se ce la faccio ancora» (sorride - ndr).
Risultato?
«Sono ancora abile e arruolato» (ri-sorride - ndr).
Forse manco lui si aspettava che la celebrazione dei trent'anni di carriera fosse così esaltante. Dai due San Siro esauriti del 2022 è passato per trenta palasport strapieni Max Pezzali e arriverà, il 2 settembre, al Circo Massimo di Roma con un bel gruppo di ospiti, dagli Articolo 31 a Paola e Chiara, Lazza, Colapesce e Dimartino, Dargen D'Amico eccetera (ne ha parlato ieri in Campidoglio). «Il mio Circo Max sarà come incorniciare gli anni in cui ho iniziato a fare musica con tanti degli amici che allora erano con me e come me faticavano. Una specie di plastico di noi della vecchissima scuola».
Così vecchia?
«Ma no, naturalmente esagero. Diciamo che può essere interpretato come una sorta di parziale passaggio di testimone con la nuova generazione».
Com'eravate voi?
«Noi eravamo gli outsider. Non a caso con me al Circo Massimo ci sarà anche uno special set del Deejay Time con Albertino, Molella, Fargetta e Prezioso. Allora erano dei pionieri ma, se ci pensiamo bene, hanno anticipato l'era dell'edm. Così come gli Articolo 31 che tutti allora dicevano guarda questi maranza ma poi hanno contribuito ad aprire le porte a decenni di rap in classifica».
C'è stata una rivalutazione.
«Eravamo gli underdog, gli sfavoriti nella corsa al successo e invece ci è andata bene. Ora, come sempre, tocca alla nuova generazione costruire un repertorio».
Difficile, siamo tornati nell'epoca del successo facile e veloce altrimenti ciao.
«C'è uno spostamento di asse e priorità. Allora le case discografiche e gli artisti avevano un peso specifico maggiore. Potevano permettersi anche lussi tipo registrare un disco a Nassau o cose del genere che avevano lati positivi ma che oggi sono quasi impensabili».
Oggi?
«Oggi l'importante è che ci siano le hit, i successi in classifica. Se poi l'artista non riesce a costruirsi un repertorio, beh pazienza. Ne arriverà un altro. Uno scenario completamente diverso da quando abbiamo iniziato noi. Obiettivamente è più facile, e probabilmente anche meno costoso, seguire questo metodo. Questo dopotutto è lo scenario generale. Basti pensare all'intelligenza artificiale».
Mai pensato di far scrivere a ChatGpt una canzone di Max Pezzali?
«Ovviamente sì. Ho chiesto di fare una canzone di Pezzali sulla Torre di Rozzano, quella che si vedeva dalla tangenziale di Pavia prima di prendere l'autostrada».
Come è andata?
«Non benissimo, ma qualche affinità in effetti c'era. Si capiva che aveva studiato ma non riusciva a capire perché avevo citato quella Torre. Quello è un elemento mio personale, della mia storia, fa parte in qualche modo dei miei riferimenti anche stilistici».
Sarà il futuro?
«È già il futuro. E credo che in un paio di anni si arriverà a un livello così devastante che sarà difficile distinguere l'originale dalla copia. Difficile per tutti, persino per chi ha fatto l'originale. Ma in fondo non possiamo lamentarci. Siamo stati noi stessi ad aprire la strada a questo tipo di futuro».
Come?
«Se comanda l'algoritmo... Un algoritmo può ingannare un altro algoritmo. In sostanza anche noi artisti dovremo confrontarci con le macchine».
Sì ma ci sarà un confine che l'intelligenza artificiale non riuscirà a superare.
«Beh diciamo che forse adesso gli manca il senso dell'umorismo. Le macchine non sanno ridere e difficilmente fanno ridere. In poche parole, non c'è empatia. Ma siamo in una fase iniziale, in un futuro molto prossimo l'intelligenza artificiale farà anche questo».
A proposito, il suo futuro?
«Ho ripreso a scrivere brani dopo che, durante il Covid, mi ero completamente bloccato. Tutti scrivevano, tutti componevano nuovi brani mentre a me ciò che veniva da scrivere sembrava estremamente irrilevante».
Quindi avrà presto nuovi brani pronti. Magari per Sanremo?
«No, io non riesco a reggerne l'ansia. Se penso alla strada per Sanremo, come sempre decido di uscire al casello prima, quello di Arma di Taggia».
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