Da anni i miliardari russi erano i protagonisti del vertice di Davos. Quest'anno non ce n'era nemmeno uno. Ma per i super-ricchi che hanno fatto i soldi all'ombra del Cremlino l'ostracismo della comunità internazionale si è tradotto soprattutto in una sostanziale perdita finanziaria. Secondo Bloomberg, che cura in tempo reale un Indice globale dei miliardari, i 24 businessmen più ricchi del Paese hanno perso alla data del primo gennaio 2023 poco meno di 100 miliardi di dollari, quasi 40 solo nei giorni immediatamente successivi allo scoppio della guerra. Colpa di business svalutati a causa del conflitto e del congelamento degli asset di proprietà russa in tutto il mondo occidentale.
Ad aver perso più di tutti è l'ex proprietario del Chelsea Roman Abramovich che ha visto il suo patrimonio svalutarsi del 57% fino a precipitare (si fa per dire) a soli 7,8 miliardi di euro. Gennady Timchenko, amico fraterno di Putin, ha perso il 48% fino a 11,8 miliardi. Poco di meno ha lasciato sul terreno Vladimir Potanin, il re del nickel, che ai valori attuali è considerato l'uomo più ricco di Russia con il suo patrimonio, di poco superiore ai 29 miliardi che gli vale la posizione numero 40 nella classifica internazionale dei miliardari(per avere un termine di paragone basta pensare che la famiglia Ferrero, la più ricca d'Italia, ha beni stimati per circa 40 miliardi e si piazza al trentesimo posto a livello internazionale).
Secondo Forbes, la rivista Usa che delle classifiche dei miliardari è stata l'iniziatrice, i Paperoni di Mosca hanno perso per strada poco meno di un terzo dei loro averi, che hanno un valore complessivo di oltre 320 miliardi. Pochissimi tra loro hanno preso le distanze dalla guerra di Putin. Il caso più eclatante è quello di Oleg Tinkov, fondatore di un gruppo bancario, che ha rinunciato alla cittadinanza.
Altri, come Oleg Deripaska hanno definito pubblicamente l'invasione dell'Ucraina, un colossale errore, mentre Mikahil Friedman, considerato vicinissimo a Putin, in una lettera ai dipendenti del suo gruppo ha criticato la decisione del Cremlino. Quanto ad Abramovich, senza criticare Putin, è riuscito ad accreditarsi anche presso le autorità ucraine e per questo ha partecipato ai colloqui di pace svoltisi nella primavera scorsa in Bielorussia.
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