Olindo e Castagna: scontro sugli orari della strage di Erba

In aula la difesa ripercorre la scansione dei movimenti dei Romano: «Non possono essere stati loro»

nostro inviato a Como
La parola alla difesa. Ed ecco che, in apertura di giochi, al processo per la strage di Erba, l’avvocato Enzo Pacia, capocordata dei legali di Olindo Romano e Rosa Bazzi, mette sul tavolo la carta degli orari che non quadrerebbero. Orari da rivedere istante dopo istante perché, sono parole dello stesso Pacia «Olindo e Rosa, proprio secondo le dichiarazioni dei testi dell’accusa, non possono aver commesso la strage di Erba, una conclusione che non si basa su manifestazioni sceniche televisive, ma su dati scientifici».
Di qui la scansione degli avvenimenti riveduta e corretta dalla difesa che il navigato legale illustra in aula e si premura poi di far distribuire ai giornalisti accreditati. È in buona sostanza la tempistica di quanto accaduto quell’undici dicembre di due anni fa, sulla scorta appunto delle dichiarazioni dei testi convocati dal pm Massimo Astori. La «moviola» difensiva delle presunte incongruenze comincia alle 19,48, quando Raffaella arrivò a Erba in treno per protrarsi fino alle 20,24, quando «già nella corte e sui ballatoi prospicienti la stessa erano accorse varie persone». E la ricostruzione difensiva, chi l’avrebbe mai detto? giunge alla conclusione «che i coniugi non potevano essere sul luogo del delitto, non potevano fuggire dalla palazzina per riparare nella lavanderia, cambiarsi d’abito e uscire dalla corte senza essere visti da alcuno».
La strategia abbozzata dalla difesa ieri in aula, con una cronologia differente tesa a ricondurre la strage nell’alveo delle cattive frequentazioni di Azouz, non ha scalfito in verità più di tanto le convinzioni dell’accusa: «Olindo Romano e Rosa Bazzi avrebbero comunque avuto tutto il tempo per fare quello che hanno fatto», ha sentenziato lapidario il pubblico ministero Massimo Astori. E con il puntiglio e il rigore di un pubblico ministero Beppe Castagna, uno dei fratelli di Raffaella, si è sentito in dovere di intervenire nella vicenda, smontando punto dopo punto o meglio istante dopo istante, la ricostruzione della difesa e riportando le sue conclusioni in una tabella in cui accanto agli orari della difesa ha scritto altri orari, ben più aderenti alla realtà, secondo le sue deduzioni. Ci ha inviato la tabella, e lo ringraziamo per l’attenzione che ancora una volta ha voluto riservarci, in tarda serata accompagnandola dalle seguenti riflessioni: «Mi sono sentito in dovere di rettificare la tabella prodotta in aula dall’avvocato Pacia e di inviarvela per conoscenza. Premettendo che è uso comune parlare di cinque minuti, un quarto d’ora, dieci minuti per indicare periodi di tempo non eccessivo che andando a vedere bene si rivelano decisamente inferiori nella realtà. Questa mattina (ieri per chi legge, ndr) all’uscita dal tribunale, mentre attendevo con mio padre e mio fratello l’ascensore dell’auto silos, ho pensato tra me e me “cavolo sarà un quarto d’ora che aspettiamo”, ma in realtà erano passati circa 3 minuti.

Trovo quindi che sia più che naturale che i testimoni sentiti finora da cui gli avvocati difensori hanno stilato una scaletta degli eventi, abbiano in più occasioni parlato di 5, 10, 15 minuti, non valutando in buona fede i reali valori temporali».

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