Omicidio Claps, una pista porta a Milano

Ha vissuto anche a Milano Danilo Restivo, il 37enne ora residente nel Regno Unito e da 17 anni principale sospettato della sparizione (e ora anche della morte) della studentessa 16enne di Potenza Elisa Claps, ma anche dell’omicidio di Heather Barnett, una sua dirimpettaia inglese di 48 anni, uccisa barbaramente il 12 dicembre 2002. Un particolare macabro di questa figura, la cui ombra si allunga sempre più anche sulla nostra città, se si pensa che, quasi in ogni luogo dove ha abitato Restivo, si registrano sparizioni di giovani donne. Sul suo computer, già nel 2004, la polizia inglese ritrovò la foto e un articolo che parlava di un’altra ragazza sparita e mai più ritrovata. Una giovane residente proprio sotto la Madonnina e della quale il prossimo 20 aprile ricorre il settimo anniversario della scomparsa. Si tratta di Erika Ansermin, nata in Corea e adottata ad Hong Kong da bambina da una ricca famiglia valdostana (il padre Piero era dirigente dell’Eni) che l’aveva cresciuta amorevolmente e appoggiata nella carriera di successo come consulente commerciale nel mondo della moda milanese in un’agenzia nella centralissima via Borgogna. Erika - che conviveva a Milano da quasi due anni con il fidanzato Christian Valentini, un avvocato, anche lui valdostano - scomparve all’età 27 anni. Era la domenica di Pasqua del 20 aprile 2003. La sua auto, una Panda verde, venne ritrovata, regolarmente parcheggiata lungo la statale che porta ai piedi del Monte Bianco e che collega Aosta a Courmayeur dove la ragazza era attesa a pranzo da Christian e dalla sua famiglia. In macchina la borsa, la giacca, la carta di credito e il cellulare spento, ma di Erika nessuna traccia: nessuno ne seppe mai più niente. Ancora oggi mancano un dove, un come e soprattutto un perché. In particolare se si pensa che non ci fu mai un movimento sui suoi conti bancari, ma nemmeno un indizio che potesse far pensare al suicidio o alla fuga.
Il caso sulla sua scomparsa venne riaperto nel marzo di tre anni fa dai carabinieri di Aosta e dal sostituto procuratore Pasquale Longarini, dopo la morte del suo ragazzo, spentosi nel febbraio 2007 alla clinica Humanitas all’età di 30 anni, per un tumore che inizialmente si pensò fosse collegabile all’Aids. Per gli inquirenti - che qualche giorno dopo la scomparsa della ragazza trovarono tra la posta che le continuava ad arrivare il referto di un test sull’Hiv risultato negativo (ma che lei non vide mai) - a quel punto diventò fondamentale scoprire se e quando il giovane, a lungo sospettato della scomparsa della fidanzata, proprio nei giorni precedenti quella famigerata Pasqua, avesse scoperto di essere malato. Un segreto che probabilmente era stato costretto in qualche modo a condividere con la fidanzata Erika, ma che forse non avrebbe permesso a nessuno di rivelare.
Erika e Christian, che si erano incontrati sui banchi del liceo linguistico di Courmayeur e, tra alti e bassi, erano rimasti legati fino alla scomparsa di lei, avrebbero potuto litigare, pensarono gli inquirenti, proprio per la scoperta della malattia di lui. Nel loro appartamento milanese la giovane donna potrebbe aver scoperto sia la sieropositività di Christian che una possibile «doppia vita» del fidanzato, una sorta d’identità segreta, fatta addirittura di relazioni parallele. Liti su liti, poi la riappacificazione temporanea e la decisione di passare insieme il weekend di Pasqua.
Quel 20 aprile, infatti, dopo aver dormito a casa dei genitori ad Aosta e dopo aver cercato su Internet i siti di alcune cliniche specializzate nella cura dell’Aids, Erika era uscita nella tarda mattinata: «Vado da Blockbuster, restituisco una cassetta, poi salgo a Courmayeur da Christian», aveva detto alla madre. Il film preso a noleggio arrivò al negozio, Erika non la vide più nessuno. Quell’anno la Dora Baltea era in secca, chiunque si fosse buttato dal ponte si sarebbe sfracellato sulle pietre, ma gli investigatori cercarono ugualmente con i cani, in tutte le pozze, nei boschi, per un raggio di molti chilometri. Nulla, neppure un odore. Neanche mesi dopo, quando il fiume era in piena, si era trovato qualcosa.
Quando nel 2007 le indagini vennero riaperte, due particolari tornarono a galla. Il primo: la registrazione di una telefonata al 118, avvenuta il 15 aprile 2003, pochi giorni prima della scomparsa. Erika festeggiava il suo 27esimo compleanno, ma aveva paura di essere sieropositiva all’Hiv. E sul nastro della guardia medica che aveva chiamato era rimasta incisa la voce di chi era con lei, il fidanzato. Che, piuttosto irritato, dice all’operatrice: «Questa pazza, questa rompiballe si vuol far ricoverare...Glielo spieghi lei che non è possibile». Il giorno successivo Erika si recò in un ospedale di Milano per sottoporsi al test dell’Hiv senza però poter mai ritirare i risultati. Il secondo si chiama Vivien. È un amico di Valentini, un maestro di sci, che la coppia avrebbe ospitato per un periodo nella casa milanese. Un ragazzo che Erika, solitamente molto riservata, aveva confidato quasi in lacrime agli amici di non poter sopportare.
Dopo aver appurato che non era morto di Aids, i carabinieri pensarono a lungo che Valentini, prima di spegnersi, avesse lasciato a qualcuno una lettera nella quale chiariva il mistero della scomparsa della fidanzata. Quello scritto, però, non venne mai ritrovato.

E adesso, con quelle foto e l’articolo su Erika Ansermin rinvenute sul computer di Restivo si è riaperto uno spiraglio anche per la madre della ragazza. Che da 7 anni ribadisce: «Non mi fermerò mai finché non verrà scoperta la verità e fatta giustizia».

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