Operata di tonsille, muore a 9 anni La malasanità uccise pure il padre

Era stata dimessa dopo tre giorni. Si è sentita male, ma è stata di nuovo mandata a casa. Poi un’altra crisi

Operata di tonsille, muore a 9 anni 
La malasanità uccise pure il padre

Non è più una coincidenza. Non dovrà essere possibile, per il rispetto che si deve allo strazio di un’altra famiglia e di tante, troppe altre famiglie, dimenticare in fretta. Seppellire il corpo inerme di una bambina nel frastuono dei soliti sentimenti altalenanti. Dei distinguo politici, delle precisazioni tecniche, delle dichiarazioni di principio. Perché la vera verità è che in Calabria si continua a morire di malasanità. Perché non ci sono più appigli, cui aggrapparsi, per giustificare e avvolgere di mistero una catena di vittime che si allunga come se un’intera regione fosse sprofondata nel dissesto inquietante di ogni regola di perizia e di buon senso.
L’ultima croce che spunta in questo surreale labirinto di tragici episodi è quella di Sara Michienzi, nove anni appena, di Filadelfia, deceduta dopo un’operazione alle tonsille nell’ospedale di Lamezia Terme. Un intervento, forse è il caso di ricordarlo, che viene giudicato di «routine». Operata lunedì, Sara è stata dimessa mercoledì. Venerdì però si è sentita male così la madre l’ha portata in ospedale. I medici, dopo averla visitata, hanno rassicurato la mamma dicendole che non c’era alcun motivo di preoccuparsi. Senonchè sabato la bambina è stata di nuovo male, con febbre alta. La madre ha chiamato subito l’ambulanza per trasportarla nuovamente all’ospedale di Lamezia dove, però, Sara è giunta priva di vita. Emorragia, dice l’autopsia. Perché? Che cosa è accaduto? Chi ha sbagliato? Chi ha sottovalutato o non ha capito? Sono gli interrogativi per i quali una madre, la madre di Sara, che ha presentato una denuncia alla polizia, ha il diritto sacrosanto di avere risposte credibili. Tanto più che, strazio che si aggiunge ad altro strazio, domande che si aggiungono ad altre domande ancora sospese nell’aria rarefatta dei condizionali, il papà di Sara se ne è andato allo stesso modo. Per leggerezza o per incompetenza. Che insieme fanno un mix micidiale.
Era il 2003 quando il papà di Sara, preoccupato dai forti dolori al petto si presentò all’ospedale di Vibo Valentia. I medici lo visitarono e lo dimisero. Con il solito refrain di congedo: tranquillo, non è nulla. Il giorno dopo morì per un infarto. Il resto sì è la solita, sconfortante routine: il sequestro della cartella clinica, l’apertura di un’inchiesta, l’autopsia sul piccolo corpicino di Sara. «Dobbiamo capire meglio cosa è successo - ha precisato il ministro della Salute Ferruccio Fazio - Se sarà necessario manderemo gli ispettori del ministero». Intanto nel registro degli indagati sono stati iscritti dal sostituto procuratore della Repubblica lametina Maria Alessandra Ruberto, cinque medici dell’ospedale di Lamezia Terme, tra i quali il primario del reparto di otorinolaringoiatria. Si tratta di un atto dovuto per consentire ai medici di nominare propri periti. Il presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari e i disavanzi sanitari regionali, Leoluca Orlando, ha chiesto una relazione al presidente della Regione Calabria e Commissario ad acta per la Sanità, Giuseppe Scopelliti, sulla morte della piccola Sara. «Accertare la verità - ha sottolineato Orlando - è un obbligo morale nei confronti della vittima e dei suoi famigliari ma anche nei confronti di tutti i cittadini che continuano ad affidarsi alla sanità pubblica».
Parole che dovrebbero servire a giungere alla verità, una volta per tutte. Solo che queste parole pronunciate oggi da Orlando non fanno altro che enfatizzare drammaticamente altre sue parole, pronunciate all’inizio di quest’anno, quando la Commissione d’inchiesta sugli errori sanitari, da lui presieduta, ha riferito che sui 326 episodi individuati in tutt’Italia, sono stati ben 78 i casi di presunta malasanità verificatisi in Calabria. Di questi 78 casi, avvenuti tra la fine di aprile 2009 ed il dicembre del 2010, 59 hanno avuto come esito la morte del paziente.

Volete sapere perché? Perché qualcuno ha sbagliato come confermò quella relazione: in un anno in Calabria sono stati commessi, è stato accertato, ben 64 errori sanitari, che in 49 casi avrebbero portato al decesso del paziente. Accuse ben precise non fatte dai soliti giornalisti ma da una commissione d’inchiesta. Accuse che suonano come una condanna senza appello.

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