Reazioni in stile trasferello per l’opposizione intera: «Berlusconi rinunci al lodo Alfano e si faccia processare». Appena le agenzie di stampa battono la notizia delle motivazioni della sentenza di condanna dell’avvocato inglese David Mills, dall’Italia dei valori a Rifondazione comunista è tutto un rincorrersi di dichiarazioni in carta carbone: «Dimissioni».
I giudici di Milano riescono così nell’impresa di far combaciare le posizioni di solito sideralmente lontane tra le varie anime del centrosinistra. L’antiberlusconismo fa da bostick e parte l’eco. Antonio Di Pietro gongola: «Berlusconi è un corruttore giudiziario che si è fatto una legge per non farsi processare, rinunci all’immunità o si dimetta». Poi parte con gli insulti: «Xenofobo, piduista, fascista e corruttore. Si vada avanti con la richiesta di impeachment». Dario Franceschini lo segue a ruota: «Il premier venga in Parlamento come ha annunciato e venga a dire che rinuncia ai privilegi del lodo Alfano e accetta il giudizio». Altisonanti le reazioni di Sinistra e libertà che parlano di «Ferita profonda della democrazia». Berlusconi afferma che andrà presto in Parlamento a chiarire? No, non va bene. Antonello Soro del Pd non ci sta: «Non è una risposta forte, vada davanti ai giudici e si faccia processare». E l’Idv scrive a Schifani e Fini: «Il premier deve dire quando verrà in Parlamento», lamentano Massimo Donadi e Felice Belisario.
Con maggiori sfumature gli interventi della maggioranza, comunque compatta nel difendere il premier. Giuseppe Consolo, in Aula, tuona: «Oggi abbiamo la conferma che la sentenza Mills era già scritta e le motivazioni pubblicate in piena campagna elettorale lo confermano. Ma le intimidazioni non ci spaventano». Il leghista Matteo Brigandì punta il dito contro le toghe: «Che affidamento ci può dare una sentenza emessa dal giudice Gandus, che è un magistrato militante, palesemente appartenente a un parte politica? I fatti lo dimostrano... È un processo fatto per dare una mano alla sinistra che non è in grado di dire nulla politicamente». E il collega di partito Federico Bricolo, in Senato, mette in guardia Pd e dintorni: «Invito i colleghi dell’opposizione a non alimentare queste polemiche, che alla fine saranno, come è successo in passato, un boomerang politico nei loro confronti».
Per nulla preoccupato l’onorevole Nicolò Ghedini secondo cui la «sentenza annunciata verrà sicuramente ribaltata in Appello. Sono stati negati i testimoni della difesa, non sono state consentite le rogatorie richieste e si è proceduto con una tesi a senso unico. Con dei giudici non prevenuti siamo sicuri di ottenere ragione». Sandro Bondi ci ragiona su: «Tutto già visto. Quello che non torna è la sorte di una democrazia continuamente sottoposta alle interferenze di un potere giudiziario che avvelena il confronto politico tra maggioranza e opposizione».
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