Ora l'architetto di Penati tira in ballo D'Alema Il Pd è alla resa dei conti?

Sul Corriere le dichiarazioni di Sarno: "Penati mi disse che l'acquisto gli venne imposto da D'Alema". Gli inquirenti: "Nessun riscontro". Il Pd è alla resa dei conti?

Ora l'architetto di Penati tira in ballo D'Alema Il Pd è alla resa dei conti?

Adesso spunta il nome di Massimo D'Alema. S'infiamma il caso Serravalle che oltre a inguaiare l'ex braccio destro di Pier Luigi Bersani, Filippo Penati, ha decapitato i vertici del Pd lombardo. Come riportano Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastalla sul Corriere della Sera (leggi l'articolo), a tirare in ballo l'ex premier è Renato Sarno, l'architetto 67enne incriminato dai pm monzesi come "collettore di tangenti e uomo di fiducia di Penati nella gestione di Milano-Serravalle". Nel mirino l'eccessivo prezzo pagato nel 2005 dalla Provincia di Milano (presieduta da Penati) per acquistare dal costruttore Marcellino Gavio un pacchetto d'azioni della società autostradale Milano-Serravalle. Secondo Sarno, le esatte parole di Penati furono: "Io ho dovuto comprare le azioni di Gavio. Non pensavo di spendere una cifra così consistente, ma non potevo sottrarmi perché l'acquisto mi venne imposto dai vertici del partito nella persona di Massimo D'Alema". Dichiarazioni che, secondo quanto trapela in ambienti investigativi, non trovano alcun riscontro. Tanto che sorge il sospetto: il pd è alla resa dei conti?

Per la prima volta nell'affaire Serravalle, spunta l'ex numero uno dei Ds. Con un tempismo sorprendente l'inchiesta che inguaia i vertici del Partito democratico fa sparire dall'occhio del ciclone Bersani per "sostituirlo" con D'Alema. Secondo la ricostruzione fatta dal quotidiano di via Solferino, il nome di D'Alema spunta nel carcere di Monza durante l'interrogatorio del 4 febbraio. Sarno avrebbe spiegato che Penati aveva indicato nell'allora presidente dei Ds la persona che lo aveva spinto a effettuare un'operazione finanziaria tutt'altro che cristallina. La Provincia di Milano acquistò dal gruppo Gavio il 15% della Milano-Serravalle pagando 8,9 euro ad azione, laddove Gavio aveva pagato 2,9 euro ad azione. Il risultato? Il costruttore portò a casa 238 milioni di euro. Tutto qui? Niente affatto. Nello stesso periodo Gavio appoggiava finanziariamente la "scalata" che l'Unipol di Giovanni Consorte stava facendo alla Bnl prima di essere bloccata per aggiotaggio dai pm milanesi. Un "appoggio" da 50 milioni. A far quadrare i "traffici" della Provincia di Milano e della sinistra lombarda ci ha pensato Sarno: "I miei rapporti con Milano-Serravalle - racconta l'architetto a proposito dell'incarico per una due diligence sulla parte tecnica - iniziarono nel gennaio 2005 in seguito ad una richiesta di Giordano Vimercati". Vimercati è l'ex braccio destro di Penati. "Dopo l'estate del 2005 incontrai Penati che non avevo più rivisto dal 2000, dall'epoca di Sesto San Giovanni - ha continuato l'architetto durante l'interrogatorio - mi disse che era sua intenzione quotare in Borsa la Serravalle, ma che prima era necessario valorizzarla dal punto di vista economico e di immagine".

Come Sarno avrebbe spiegato ai pm Franca Macchia e Walter Mapelli, l'operazione a Piazza Affari sarebbe servita a coprire "le spese sostenute dall'acquisto delle azioni da Gavio". Durante l'incontro con l'architetto, Penati avrebbe, infatti, spiegato che l'acquisto era stato molto "oneroso" e che "gli era stato imposto dai vertici del partito". "Nell'occasione mi fece il nome di Massimo D'Alema - ha spiegato - mi disse che non aveva potuto sottrarsi a questa operazione". Dalle parole di Penati, a Sarno sarebbe, dunque, apparso chiaro che "l'imposizione dei vertici riguardasse il momento e le condizioni dell'acquisto". Non importa poi che, intervistato dal Corriere della Sera, Penati abbia smentito la ricostruzione fatta da Sarno. "Costretto da D'Alema a strapagare le azioni a Gavio? - ha spiegato l'ex presidente della Provincia di Milano - non l'ho mai detto a Sarno, né avrei mai potuto dirglielo perché non è vero: difendo l'operazione Serravalle fatta nell'interesse della Provincia e destinata ancora oggi a procurarle una plusvalenza". "Mi sconcerta il fatto che i due giornalisti del Corriere della Sera non abbiano avvertito l’esigenza di chiedere la mia versione prima di dare diffusione a dichiarazioni inventate di sana pianta, pubblicandole con straordinario e immotivato risalto", ha commentato D'Alema che ha subito incaricato l'avvocato Gianluca Luongo intentare le vie legali contro le "calunnie" riportate dal quotidiano di via Solferino.

Fino ad oggi D'Alema non era mai "spuntato" nell'indagine condotta dai pm di Monza che adesso stanno cercando di capire anche il ruolo di Pier Luigi Bersani, della cui segreteria politica era capo Penati. Il nome dell'attuale segretario del Partito democratico è comparso in un paio di intercettazioni: "quella del 30 giugno 2005, in cui Bersani diceva a Gavio che aveva parlato con Penati - ricorda il Corsera - e quella del 5 luglio 2005, in cui Penati diceva a Gavio di aver avuto il suo numero da Bersani".

Una strana coincidenza che l'assalto a D'Alema arrivi proprio quando ha rotto con Bersani? D'altra parte, da quanto trapela in ambienti investigativi, le dichiarazioni di Sarno non solo non troverebbero alcun riscontro, ma sarebbero ritenute "non rilevanti" per il prosieguo dell’inchiesta. L’ex premier, infatti, non è indagato. Penati, invece, ha ricevuto un invito a comparire dalla procura di Monza dopo l’interrogatorio di Sarno del 4 febbraio scorso ma non si è presentato davanti ai magistrati.

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