Orfanotrofi addio L’Italia sceglie le case-famiglia

A fine anno chiudono gli ultimi 52 istituti. Le nuove strutture ospiteranno 12mila ragazzi

Le caserme non ci sono più. Quelle per i bambini, con tanto di camerate, bagni comuni e mense collettive. Non ci sono più neppure le gentili ma a volte non troppo preparate istitutrici che sostituivano le mamme, i papà, gli psicologi e le assistenti sociali. Tante figure in una sola e dunque quasi inutile, a volte dannosa.
Gli orfanotrofi, alla vecchia maniera, sono stati archiviati. Dal primo gennaio si cambia, almeno sulla carta. Lo pretende la legge del 2001 e anche il buon senso. Ogni regione si è attrezzata per la riconversione degli orfanotrofi. Quelle del Nord lo hanno fatto anche con anni di anticipo rispetto alla scadenza naturale della legge. Come il Friuli Venezia Giulia, che ha sistemato già da anni tutti i suoi bambini in difficoltà in famiglie affidatarie o in micro strutture coordinate da un pool di esperti.
Ma tutte le realtà locali del settentrione sono in regola. Case famiglia accolgono al massimo sei-otto bambini che dormono in camere a due letti e sono assistiti da esperti in attesa di famiglie affidatarie che vogliano occuparsi di loro anche senza la speranza di un’adozione futura. Al Sud, invece, i problemi non sono stati ancora del tutto risolti. Esistono ancora 52 istituti aperti che accolgono 515 bambini, per lo più adolescenti, distribuiti tra Campania, Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia, Lazio. In realtà 32 di questi istituti sono in attesa dell’autorizzazione per trasformarsi in comunità, mentre i restanti 20 hanno avviato l’iter burocratico e quindi verso la chiusura. «La scadenza della legge è quindi stata rispettata, non c'è bisogno di alcun intervento da parte del governo – dichiara il sottosegretario alla solidarietà sociale Franca Donaggio che ha la delega delle politiche per i minori - a fine anno gli orfanotrofi vanno davvero in pensione e siamo già d’accordo con le regioni, che da gennaio fisseremo un'agenda di lavoro per potenziare la parte della legge che riguarda l’affido e l’adozione».
Donaggio, ex sindacalista, ha seguito la vicenda degli orfanotrofi in prima persona. Nei mesi scorsi ha visitato strutture in Sicilia, Puglia e Calabria. Si è resa conto delle difficoltà e dei ritardi ma anche della volontà di cambiare. E ora sono circa 2.800 le strutture alternative nate dalle ceneri degli orfanotrofi che accolgono dai 4 agli 8 minori. «Un numero che sembra spaventare - ha osservato il sottosegretario Donaggio - ma non è così. È la dimostrazione invece che si sono create strutture piccole e capillari sul territorio». A suo avviso, «la legge voluta dall’allora ministro Turco è ancora validissima. Il governo vuole però potenziare e armonizzare gli affidi familiari che negli ultimi anni sono aumentati del 60%. Da gennaio partirà quindi un confronto con le regioni e con le associazioni delle famiglie affidatarie».
Donaggio ha tenuto a precisare che dei 12 mila minori presenti ora nelle comunità, molti dei quali adolescenti, non è possibile l'adozione: «Questi hanno comunque un legame con la famiglia di origine. Sono figli di disadattati, di detenuti, di criminali. Alcuni sono handicappati e tutti vivono situazioni difficili.

Vanno evitate le semplificazioni, ognuno ha una storia a sé ed è per questo che il prendersi in carico del bambino per portarlo ad una stabilità affettiva e familiare va pensata individualmente non in blocco. A mazzi si prendono solo i fiori non i bambini».

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