Il nudo artistico è una delle massime espressioni con cui l’arte figurativa può mostrarsi all’occhio dello spettatore. Da un lato la nudità rappresenta un’esigenza di parte dell'arte stessa: il corpo nudo è il mezzo attraverso cui l’artista può apprendere le tecniche pittoriche, scultrici, grafiche o fotografiche, relative all’anatomia umana. Dall’altro lato, il nudo permette di rendere l'opera senza tempo: i vestiti costituiscono infatti un grosso limite di identificazione temporale del soggetto ritratto.
Il nudo artistico attraverso le epoche
Per nudo artistico si intende un ritratto, una statua o una fotografia che rappresenta nel soggetto la nudità umana. Le rappresentazioni della nudità però hanno cavalcato le epoche, a volte come rappresentazione eterna altre come identificazione precisa di un'era.
Ad esempio, la Venere di Willendorf - di epoca paleolitica - incarna un ideale di bellezza ben differente dalla “Nascita di Venere” di Sandro Botticelli, di fine '400. Quest'ultima è invece assai differente dal “Il violino di Ingres” di Man Ray, una foto del '900. Tuttavia queste tre opere conservano dei punti in comune, ossia una visione della figura femminile, e nello specifico del suo corpo, come detentrice di sensualità, perpetuatrice della specie ma anche metaforicamente accoglienza e sicurezza.
Il nudo nell’arte primitiva
In tutta l’arte pre-cristiana, la nudità è spesso ad appannaggio delle figure femminili. Gli artisti delle civiltà antecedenti a quella greco-romana omaggiavano il culto della Madre Terra, solitamente raffigurata con un nudo femminile. Come già detto, questo simboleggiava la fertilità: non a caso venivano rappresentati seni generosi e un grande alvo materno, con una certa sacralità.
Il nudo nell’arte greco-romana
Con l’avvento dell’arte greco-romana, i nudi artistici cominciano a interessare anche le figure maschili, dapprima come espressione di forza ed eroismo. Il “Discobolo” di Mirone, ad esempio, spiega come in quell'epoca il nudo servisse all'arte per glorificare la perfezione anatomica, prendendo gli atleti e i loro muscoli tesi come punto di riferimento.
Il nudo nell’arte medievale
Il Medioevo prende le mosse da ciò che era stata l’Antica Grecia e l’Impero Romano, ma al tempo stesso si avvale delle nuove istanze filosofiche e spirituali apportate dal Cristianesimo. L’artista è diviso tra la tensione al Cielo e l’ancora che lo riporta a terra. È in questo periodo che i nudi artistici assumono diverse forme, a partire da quella didascalica con la pittura e i bassorilievi, che iniziano a ritrarre scene della Bibbia.
I nudi, in particolare, trovano la loro base filosofica nell’Antico Testamento, nei racconti della Creazione e dell’Apocalisse, e sono completamente svincolati da un messaggio sensuale: prima di mangiare la mela, Adamo ed Eva sono ritratti nudi poiché completamente innocenti e inconsapevoli. Accade per esempio nel trittico de “Il Giardino delle Delizie” di Hieronymus Bosch, della fine del ‘400 ma ancorato a stilemi e tecniche tardomedievali: accanto all’Eden c’è anche l’Inferno Musicale, in cui le figure umane senza veli sono ritratte nella vulnerabilità di peccatori sottoposti a contrappasso.
Il nudo artistico medievale però, oltre che in statue e in dipinti o affreschi, si esprime anche in numerose miniature presenti in calce ai manoscritti o addirittura in minuscoli capilettera. Il Medioevo è il primo grande periodo in cui la parola scritta è giunta fino alla contemporaneità (dopo il cosiddetto “grande naufragio” dei manoscritti del IX secolo): è qui che, nascosti nelle pieghe delle poesie come delle dissertazioni religiose, si trovano nudi lascivi e a volte quasi osceni, carichi di sensualità ed espressione di una condizione umana divisa - come detto - tra terra e Cielo.
Il nudo nell’arte rinascimentale e barocca
Tra ‘500 e ‘600 il nudo artistico mira a ritrarre corpi sensuali, in particolare femminili, ma anche svincolati dalla provocazione sensuale o didascalici nei confronti di una precisa idea di bellezza. Non si tratta ancora delle “donne a clessidra” vittoriane e posteriori, ma il punto vita della donna ideale nel nudo artistico si assottiglia, mentre il décolleté si rimpicciolisce, pur restando morbido e accogliente.
È il periodo storico in cui l’arte, che si avvale per la prima volta della prospettiva, si rivolge massivamente a soggetti cristiani: i nudi in questo caso sono completamente liberi da ogni vena di provocazione sensuale, non solo a partire dai soggetti adulti, ma anche e soprattutto dai puttini, bambini molto piccoli spesso alati: delle rivisitazioni del dio Eros, ma che in una societàpermeata di cristianesimo prendono il nome di Amorini.
Sempre a tema religioso, ci sono i nudi artistici che ritraggono figure chiave della cristianità: la nudità è una metafora per raccontarne il risvolto umano. Come per Gesù Cristo, che ha una doppia natura - umana e divina - e viene ritratto nella sua umanità. Ciò avviene ad esempio nel “Cristo morto” di Andrea Mantegna, una delle prime grandi opere del Rinascimento italiano.
Il fruitore dell’opera vede in quel dipinto Gesù Cristo dopo la crocifissione, uomo ucciso da altri uomini, il cui corpo è appena ricoperto da un velo dalla cintola in giù. Ma lo spettatore conosce anche il seguito della storia, ogni cristiano la conosce: la morte di Cristo ce lo mostra come vulnerabile sì, ma è un evento carico di promesse, la cui più importante è la sua resurrezione e la salvezza dell'umanità.
Il nudo nell’arte illuminista
Ai temi religiosi o mitologici - in quest’ultimo caso il pensiero corre veloce Antonio Canova, con i suoi celeberrimi “Amore e Psiche” e “Le tre Grazie” - si aggiungono quelli “storici”. Pittura e scultura raccontano le gesta degli uomini che vengono trasfigurati e appaiono come dei: un esempio, a proposito Canova, è la sua “Paolina Borghese”, scolpita nel marmo a seno nudo con il vezzo di una matrona romana.
Diverso è il discorso, ad esempio, per “La morte di Marat”, in cui Jacques-Louis David ritrae il momento in cui il rivoluzionario illuminista viene assassinato nella sua vasca da bagno. Ancora una volta l’uomo nudo è sinonimo di vulnerabilità ma anche di forza: il corpo nudo e riverso su un lato di Marat rappresenta la morte dell’uomo, ma non la morte delle idee, perché le idee della rivoluzione borghese proseguiranno dopo di lui.
Il nudo nell’arte romantica e naturalista
Sulla scorta del nudo artistico di stampo illuminista, il nudo artistico ottocentesco recupera l’utilizzo ideologico del soggetto. Con “La libertà che guida il popolo” di Eugene Delacroix, la nudità è limitata a parte del corpo nella figura femminile che simboleggia la libertà: non c’è provocazione sensuale in questo corpo, ma solo una metafora anche abbastanza ovvia: al seno della libertà si pascono rivoluzionari e nuove generazioni.
Non mancano però in questo periodo i nudi di ispirazione sentimentale e sessuale, come i ritratti di Gustav Klimt e Egon Schiele, in cui la sensualità dei corpi ritratti è legata a una loro vulnerabilità, a una loro umanità.
Il nudo nell’arte modernista e post-moderna
Nel ‘900 l’arte mondiale diede vita a diverse correnti e movimenti, che recuperarono i soggetti del nudo artistico con tutte le connotazioni delle epoche precedenti. Tuttavia ai messaggi che un nudo artistico può trasmettere, si aggiungono anche l’orrore e il senso del grottesco.
Come in “Guernica” di Pablo Picasso, che ritrae un ammasso di corpi nudi e sventrati: è questo che la guerra fa agli uomini,
secondo l’artista spagnolo, e in questo caso la nudità è rivelatrice di una vulnerabilità che non porterà alla resurrezione, come per i soggetti religiosi ,ma a una ferita mortale che è senza appello e senza tempo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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