Florentino Peréz risponde al telefono e parla con un amico italiano: «Tony, guarda che non è finita. Abbiamo ancora cento milioni». Li spenderà per avere molto, se non tutto. Non si lascia niente nel piatto del calciomercato, lha imparato la prima volta che diventò presidente del Real: prese Figo, Zidane, Beckham, Ronaldo, Owen, Robinho. Perché Florentino realizza i vostri sogni. Quelli di Madrid e quelli di chiunque altro. Diranno che non funziona, che tutti quei galli faranno scoppiare il pollaio, che riempiranno lalbum delle figurine ma non la bacheca. Sicuri? Perez con il primo Real dei Galacticos vinse due campionati, una Champions, una Intercontinentale, una Supercoppa europea.
Non capisce tanto di calcio, capisce tutto della vita: Pérez è quello che promette e dà. Stavolta lha detto: «Puntiamo a prendere Cristiano Ronaldo». Ha fatto fare il prezzo, ha trattato, ha vinto. I soldi li ha anche se a Barcellona non sanno da dove arrivino e cominciano a rodere dentro. I prossimi li userà per prendere David Villa o qualcun altro. Uno forte, di sicuro, perché il suo Real prende chi fa vincere e fa vendere, anche se significa giocare con qualcuno fuori ruolo. Una volta Jorge Valdano raccontò una chiacchierata con Florentino: «Mi disse: Scusami Jorge, ma io vedrei bene una squadra con tre difensori, tre centrocampisti Zidane, Figo e Beckham e quattro attaccanti, due laterali e due centrali. Poi tre centrocampisti e altrettanti attaccanti. Dobbiamo segnare, giusto?». Valdano è tornato, stavolta cè pure Zidane, cioè luomo che spiega la filosofia di Florentino: Zidanes y Pavones, cioè campioni e ragazzini cresciuti nel Real come Pavon, un difensore centrale scarso ma che in quella squadra sembrava forte.
La logica non è cambiata e non cambierà: Florentino vuole vincere e vuole battere il Barcellona. Vuole portare Madrid oltre, come un imperatore di un Paese che non cè più. Non come prima, almeno. Il Real e il suo presidente sono la faccia distorta di una Spagna che ha perso il suo miracolo economico e sociale per sprofondare in una recessione più forte che in ogni altro Stato europeo. Colpa di Zapatero, pensa don Florentino, colpa dei socialisti e delle loro bugie. Lui sta dallaltra parte, amico di Aznar e dei Popolari. Il Real di Peréz è una carta politica, vale di più della vittoria di un seggio alle Cortes. Florentino lo sa perché le candidature con lUnione di Centro democratico nel 1979 e poi col partito riformista democratico nel 1986 non sono paragonabili a quella per la presidenza del Real. In tutte cè stata la mano di Aznar col quale condivide anche la passione per il Madrid. Lex premier spagnolo voleva candidarsi alla presidenza del club questanno. Non ha potuto perché bisogna essere soci da 10 anni. Così largo a un Florentino bis e magari unentrata dalla finestra di José Maria: vicepresidente, cioè una carica che non prevede requisiti particolari. Amici, alleati, «madrilisti dal grembo della mamma», come dice Florentino. Lingegner Florentino, che la politica ha portato alla direzione generale del servizio infrastrutture del ministero dei Trasporti, del Turismo e delle Telecomunicazioni del governo centrale e poi alla segreteria generale del Prd.
A parte questo, il resto. Cioè le aziende, quindi lAcs, il più importante gruppo immobiliare spagnolo. Il Real è arrivato dopo, nel 2000. Aveva tutto pronto: la vendita della ciudad deportiva del Real, nel centro della città. Prima aveva già ottenuto una riqualificazione edilizia del terreno, con una variante al piano regolatore arrivata al primo Consiglio comunale utile. Nuovo valore: 390 milioni, 110 in più rispetto al buco ereditato da Sanz. Neanche un euro rosso, anzi contanti da usare subito per il primo acquisto: Luis Figo 90 sono stati usati per mettere su la nuova cittadella del club, la ciudad del Madrilismo, una tenuta di 120 ettari a due passi dallaeroporto di Barajas. Comoda e ultramoderna, praticamente miele per gli sponsor. Si sono buttati tutti: Adidas, Siemens, Pepsi. Florentino lha fatta dividere a lotti e ognuno lha venduto al miglior offerente: 200 milioni di euro in tasca. Non hanno ancora venduto tutto ed è da lì che prendono i soldi per Kakà, Ronaldo e gli altri: «Chi viene a giocare qui viene nel posto dove sinventa il futuro del calcio.
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