Paolo Tomelleri e la sua «Big Band» omaggiano il grande Goodman

Talmente bravo che i vecchi appassionati lo credevano un americano, al massimo un italo-americano, di nome Tom Elleri. Tale era, più di mezzo secolo fa, la convinzione che soltanto gli americani sapessero suonare il jazz come si deve. Paolo Tomelleri, classe 1938, è invece un «prodotto nazionale»: vicentino di nascita, milanese di adozione, jazzista dalla metà degli anni ’50, clarinettista, sassofonista, direttore d’orchestra e insegnante, con frequentazioni di basso elettrico e persino ukulele.
Tomelleri si esibisce questa sera alle 22 presso la Salumeria della Musica (via Pasinetti 2, angolo via Ripamonti) con la sua Big Band di 18 elementi: un’esplosione di brio, perfetta intesa fra i solisti, coerenza stilistica e in ogni caso di buona musica. Il concerto è un tributo al clarinettista e direttore d’orchestra Benny Goodman nel centenario della nascita. Naturalmente Goodman è un punto di riferimento di Tomelleri. A parte l’identità di uno degli strumenti, l'interesse del musicista vicentino si è sempre concentrato fra il tardo jazz tradizionale («parliamo per esempio di Eddie Condon e di Bud Freeman», dice) fino ai primi vagiti del jazz moderno all’inizio degli anni ’40. Goodman, re del jazz classico, o swing se si vuole, sta nel mezzo.
«Eppure - precisa Tomelleri - il mio vero maestro per il clarinetto era Tony Scott, lui sì italo-americano di origine siciliana, Anthony Sciacca all’anagrafe. Il clarinetto, negli anni ’60, era praticamente scomparso e per questo ero passato ai sassofoni. Ho lavorato molto con Giorgio Gaber, Mario Rusca, Nando De luca, Joe Venuti, Bill Coleman, Bud Freeman, incidendo numerosi dischi. Ma una sera, proprio mentre il clarinetto cominciava a tornare in auge per merito di Jimmy Giuffre, ecco che al Capolinea arriva Tony Scott. Gli dico della mia passione per i clarinetto e del mio desiderio di adottarlo di nuovo come strumento principale. Mi risponde: “Hai ragione. Vuoi comprare il mio?”. Detto fatto, sono tornato al clarinetto con lo strumento di Tony Scott, senza però trascurare il sax tenore, l’alto, il soprano e perfino il baritono.

Adesso però preferisco l’alto e il soprano perché sono più leggeri… L’età ha i suoi diritti».
Alla «Salumeria», comunque, sono attesi non soltanto i cultori del jazz «mainstream», come si dice. Tomelleri è infatti apprezzato da tutti, compresi i modernisti ad oltranza.

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