Parisi: senza intesa nell’Unione cade il governo

Diliberto: «Non faccio il pazzo e non rompo la coalizione, ma Prodi rifiuti i voti dell’Udc»

da Roma

Dunque oggi si balla. E oggi il Consiglio dei ministri dell’Unione, giunto alla sua prova più difficile, dovrà partorire il decreto più limato e contestato nella breve storia del centrosinistra in questa legislatura. Che il clima non sia proprio distesissimo lo confermano le parole del ministro della Difesa Arturo Parisi, che non ha risparmiato l’allarme: «Se viene meno l’alleanza si torna alle urne».
L’avvertimento di Parisi. Un messaggio che Parisi affida ad una lunga intervista a Tg parlamento, dove, nell’ultima domanda, quando gli si chiedeva conto della lettera inviata agli otto dissidenti che minacciavano di non votare la fiducia, rispondeva: «È evidente che ci siamo presentati insieme agli elettori. E dagli elettori dovremmo tornare nel momento in cui la nostra alleanza dovesse venir meno. Ma io sono sicuro che non avverrà». Solo una drammatizzazione per serrare i ranghi? Mica tanto. Anche perché oggi il Consiglio dei ministri approverà un decreto legge e un disegno di legge. «Il decreto - spiega Parisi - è doveroso perché la nostra presenza in Afghanistan è garantita da una copertura che deve essere deliberata». E poi: «Presenteremo un disegno di legge al voto del Parlamento con lo stesso identico contenuto e chiederemo alla nostra maggioranza di dar seguito agli impegni impliciti nell'appartenenza alla coalizione».
La preoccupazione di D’Alema. Non meno esplicito il ministro degli Esteri Massimo D’Alema: «È in gioco la credibilità di una maggioranza politica che non può che contare su una maggioranza parlamentare anche in politica estera», ha detto ai giornalisti da Mosca, dove è impegnato nella riunione del G8. Mentre un altro elemento di polemica dura tra il governo e la coalizione, sarebbe rappresentato dal progetto di Parisi (anticipato da questo giornale) di cambiare il meccanismo di finanziamento semestrale della missione con un fondo a lungo termine. Una soluzione che eviterebbe il rischio dei voti a orologeria e che Rifondazione già dice di non accettare: «Sarebbe una follia», commenta la deputata Elettra Deiana.
L’appello di Strada. Insomma, un intreccio delicatissimo. E nel pieno di questo braccio di ferro, ieri, mentre Parisi richiamava all’ordine, il leader carismatico indiscusso dei pacifisti, Gino Strada, invitava i deputati dell’Unione a ribellerarsi con un messaggio firmato da altre due figure del calibro di Don Luigi Ciotti e Padre Alex Zanotelli: «Il governo italiano rifinanzia la missione militare in Afghanistan. Il governo italiano decide così di accettare la guerra “come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Questa decisione è compatibile con la lettera e con lo spirito dell'articolo 11 della Costituzione? Il governo italiano è determinato a violare l'articolo 11? I componenti del governo hanno giurato di rispettarlo. I componenti del governo sono determinati a violare i loro giuramenti?». E poi, entrando esplicitamente nel dibattito politico per difendere gli otto senatori «ribelli» che hanno annunciato il loro no: «L’aggressione di apparati e media a parlamentari che intendono rispettare l'articolo 11, ignora e viola l'articolo 67: “Ogni parlamentare rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. La coscienza dei parlamentari merita rispetto se si parla di un grumo di cellule, ma deve tacere sulla vita o la morte di esseri umani già perfettamente formati? C'è chi sottomette le convinzioni alle opportunità. Abbiamo il massimo apprezzamento per chi antepone la coerenza morale e istituzionale a ogni genere di convenienza».
Diliberto: «Niente voti centristi». Ma anche il segretario del Pdci Oliviero Diliberto pone le sue condizioni in vista della direzione di domani: «Non faccio il pazzo. Non rompo la maggioranza, non faccio cadere il governo e non regalo niente a Berlusconi», premette. Ma spiega: «La fiducia impedirebbe all'Udc di votare il decreto.

Ma se servisse a coprire i problemi della coalizione, allora sarebbe un atto di debolezza e io non voglio un governo debole. Anzi, mi piacerebbe che Prodi rifiutasse pubblicamente i voti centristi. Sarebbe un bel segnale».

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