"Dopo aver ovviamente avvisato tutte le parti interessate, abbiamo preferito rinunciare alla conversione del decreto legge Paesi sicuri in Senato e presentare al decreto Flussi, in esame alla Camera, un emendamento in cui confluiscono i contenuti del decreto stesso". Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani comunica così la scelta di trasformare il dl Paesi sicuri sarà in un emendamento al dl Flussi, attualmente all'esame della commissione Affari costituzionali alla Camera.
"La decisione non vuole assolutamente ledere le prerogative parlamentari, ma essendo i due provvedimenti affini per materia è strettamente connessi tra di loro riteniamo per questo opportuno che vengano esaminati insieme", ha spiegato il ministro. Il dl Paesi sicuri, volto a identificare la nazionalità di provenienza dei migranti che potrebbero essere trasferiti nei centri presenti in Albania, era stato presentato prima alla Camera, ma poi era stato "spostato" successivamente al Senato e, attualmente, si trova nella prima commissione di Palazzo Madama. Una decisione che ha mandato su tutte le furie le opposizioni. Il gruppo del Pd e e di Alleanza Verdi Sinistra al Senato parla di fatto "gravissimo" perché sottrae il provvedimento a un approfondito esame parlamentare. Secondo Francesco Boccia, presidente dei senatori del Pd, "è gravissimo quello che è accaduto perché un provvedimento così discusso e così fortemente sentito dal Paese viene prima presentato e poi ritirato dalla Camera, e poi presentato al Senato e dopo qualche giorno e di fatto lasciato morire per evitare che le opposizioni aprano il palazzo a chi è fuori". Questa scelta, secondo l'esponente dem, sarebbe stata presa "chiedevamo e chiediamo con forza le audizioni" e ha l'unico obiettivo di di far "morire" il decreto calpestando così "le prerogative del Parlamento" e "annunciando in maniera poco rispettosa che ci sarebbe poi un emendamento in un altro provvedimento alla Camera". "Ci aspettiamo che in commissione ci siano audizioni", ha concluso Boccia spiegando che "o il decreto viene ritirato oggi stesso e a quel punto non esiste più, oppure, se c'è, si rispetta il Parlamento e le regole le decide il Parlamento". Anche Peppe de Cristofaro, presidente del gruppo misto, parla di "forte imbarazzo della maggioranza, un imbarazzo abbastanza palpabile della maggioranza". L'esponente di Avs parla di "disprezzo per le regole democratiche e della centralità del Parlamento" da parte del governo e descrive questa mossa come "un tentativo per minimizzare l'impatto nell'opinione pubblica" portando così "la discussione fuori dalle Aule parlamentari".
Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva, e la senatrice renziana Dafne Musolino attaccano duramente il governo: "Si tratta di un vergognoso espediente per impedire al Senato di discutere il decreto". I due renziani definiscono questa mossa un "trucco", anzi"un tentativo maldestro di mettere una pezza a una vicenda, quella degli hot spot in Albania, che si sta rivelando sempre più un pasticcio".
Le proteste dell'opposizione sono arrivate anche dalla Camera dove Chiara Braga, capogruppo del Pd di Montecitorio, ha detto: "le forzature non si interrompono su una scelta che finora ha prodotto uno spreco di risorse pubbliche inaccettabile per un Paese che ha quattro milioni e mezzo di persone che non si curano. Sono forzature gravissime che mortificano il Parlamento".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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