Parmalat, a rischio cause per 7 miliardi

L’ex ministro dell’Industria, autore della norma: «Sono stupefatto, è uno strumento efficace»

Angelo Allegri

da Milano

Revocatorie a rischio per Parmalat. Il tribunale di Parma ha giudicato ieri «non manifestatamente infondata» un’eccezione di incostituzionalità presentata dai legali della banca britannica Hsbc sull’articolo 6 della legge Marzano sull’amministrazione controllata. Nel mirino è finita la possibilità di avviare azioni revocatorie non solo nel caso di liquidazione dell’azienda in crisi, ma anche, come nel caso di Parmalat, di ristrutturazione con la ripresa della normale attività. Sarà ora la Corte costituzionale a doversi pronunciare. Nella migliore delle ipotesi ci vorranno tra i 12 e i 18 mesi.
La somma chiesta da Parmalat ad Hsbc non è particolarmente rilevante, poco meno di 2,5 milioni. Ma Enrico Castellani, l’avvocato dello studio Freshfields che ha proposto l’eccezione di incostituzionalità, rappresenta anche Deutsche Bank, contro cui sono state proposte due azioni revocatorie per un totale di 180 milioni. In più, dalle prime informazioni sembra che i giudici del Tribunale di Parma coinvolti nella vicenda abbiano deciso una sorta di coordinamento, considerando come una sorta di causa pilota la controversia tra Hsbc e il gruppo alimentare. Il risultato è che in attesa della pronuncia della Corte di legittimità tutte le cause di questo tipo (valgono 7,5 miliardi di euro) saranno di fatto congelate.
La decisione è una ulteriore conferma del vero e proprio ginepraio legale in cui Parmalat si troverà coinvolta nei prossimi anni. Non solo per quanto riguarda i procedimenti restitutori ma anche per quelli risarcitori: decine di cause per un valore nominale di circa 40/50 miliardi, anche se i risarcimenti potenzialmente incassabili dal gruppo di Collecchio non potranno superare i 13/14 miliardi, valore dell’effettivo danno subito dal gruppo.
In Borsa il titolo non ha mancato di risentire della novità. Dopo la diffusione della notizia è arrivato a perdere il 6%, chiudendo poi con un calo del 4,39% a 2,13 euro. L’azienda ha emesso un comunicato rassicurante: «Parmalat apprezza la decisione della Corte di Parma di fare chiarezza in questa materia, portando la questione di fronte alla Corte costituzionale». Più piccata la reazione di Antonio Marzano, ex ministro delle Attività produttive che ha difeso la legge che porta il suo nome, dicendosi «stupefatto» della decisione dei giudici. «La norma», ha ricordato l’ex ministro oggi presidente del Cnel, «aveva passato il vaglio degli uffici legislativi del ministero, della presidenza del Consiglio, è stata convertita dal Parlamento e firmata da presidente della Repubblica; nessuno aveva eccepito sulla sua costituzionalità». Per l’ex ministro «la legge è uno strumento efficace che può consentire ai commissari straordinari di lavorare in serenità». A difendere la normativa, definita «innovativa», è stato anche l’attuale ministro delle Attività produttive Claudio Scajola.


Secondo i legali di Hsbc invece l’articolo della legge preso di mira viola sia l’articolo 3 (principio di uguaglianza) e 41 (libertà economica) per quella che appare come una distorsione della concorrenza: la possibilità offerta solo ad alcune aziende (quelle che usufruiscono della Marzano e non per esempio della Prodi Bis) di avviare revocatorie anche in caso di ristrutturazione. «La posizione sembra fondata» spiega l’avvocato Lucio Ghia, componente della commissione di riforma del diritto fallimentare. «Contro le revocatorie tipo Parmalat va anche il diritto comunitario».

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