Parole come bombe

Parole come bombe

La polemica è appena all’inizio, ma presto si placherà quando le nubi si schiariranno e sapremo i veri motivi della espulsione dell’imam della moschea di Torino. Le reazioni all’interno della nostra comunità, e anche oltre, sono contraddittorie, ma in genere si ha paura che la legge contro il terrorismo diventi una voragine che rischia di inghiottire il principio della libertà di pensiero, fondamentale per la sopravvivenza della democrazia.
Ma fino a che punto il pensiero si deve tollerare? Bouriqi Bouchta, a detta di tutti, non ha mai agito con violenza, ma le sue dichiarazioni potevano suscitare terrore, e a volte le parole hanno un effetto più devastante delle bombe, basta vedere quanto è successo ultimamente sul Ponte degli Imam a Bagdad.
La maggioranza dei musulmani a Torino era in contrasto con lui e non condivideva le sue idee e la parte laica lo vedeva come un elemento scomodo e di ostacolo per il cammino verso l’integrazione. C’è da chiedersi, dopo questa decisione comunque attesa del governo italiano, se sarà un antidoto efficace contro il terrorismo. E una domanda si impone: dove sta l’errore e chi è il vero responsabile di quanto sta succedendo, non solo in Italia, ma in tutto l’Occidente?
Forse è la troppa libertà che si ritorce contro o la sbagliata interpretazione da parte di alcuni musulmani del concetto democratico che riserva diritti d’espressione e di pensiero, oppure è colpa della politica estera che i singoli governi europei conducono lontano da linee politiche comuni? Tutto è possibile, ma il caso Bouchta invita comunque a riflettere e ci chiama a ragionarvi sopra senza emozioni e senza preconcetti affrettati.
Innanzitutto la responsabilità maggiore è della nostra stessa comunità, che non ha mai voluto prendere una posizione chiara e determinata contro persone e idee che sono un danno mortale sia per l’Islam che per i musulmani, prima di essere un pericolo per gli occidentali, e in questo caso per gli italiani.
Manca una rappresentanza credibile e mista che inglobi il capo religioso e il musulmano laico senza che nessuno di loro prevalga sull’altro e che nel singolo caso il più estremista possa prevalere e imporre le sue idee.
I giornali avevano creato il personaggio Bouchta rendendolo quasi l’unico rappresentante della comunità islamica, esaltando spesso il suo pensiero e facendolo diventare un punto di riferimento per i più importanti salotti dei talk show italiani. Il singolo cittadino aveva iniziato a pensare che si trattasse di un portavoce della comunità islamica e la paura che seminavano alcune sue dichiarazioni ha scatenato reazioni contro i musulmani in Italia.
Conosco molto bene Bouchta e per lui sono l’amico-antagonista. C’è rispetto tra noi, anche se io non condivido i suoi pensieri. Spesso entro con lui in polemica per le sue dichiarazioni ai giornali e soprattutto per le tristi vicende dell’11 settembre, quando mi sono messo dall’altra parte della barricata per affrontare prima il presunto imam di Carmagnola, e poi lui stesso, cercando di combattere contro pensieri sovversivi e interpretazioni errate e personalizzate dell’Islam. Lui sa molto bene che io non accetto, come tanti altri, nessuna giustificazione al terrorismo.
L’Italia è stata molto generosa con l’«imam-lavoratore» che, nell’arco di circa 15 anni, in questo Paese, è riuscito a costruire un impero di macellerie islamiche, con un enorme volume d’affari. È stato sempre contattato come un interlocutore dall’amministrazione locale e dalle istituzioni e dalla stessa comunità di Torino. Purtroppo nella sua personalità gentile e determinata si è lasciato anche trascinare dal pensiero wahabita e da quello più estremista e integralista conosciuto come salafita senza rendersi conto che quella linea non può condurre da nessuna parte se non a soddisfare alcune anime arrabbiate, accecate dall’odio a danno dei suoi stessi fedeli.
Non posso condannarlo per il suo pensiero perché mi rendevo conto che lui incarnava l'esatto contrario del mio e che quello non era soltanto il suo personale modo di pensare e di giudicare o - peggio - di giustificare, ma era anche di tanti altri che trovano nella società occidentale il simbolo della corruzione e nella linea politica una strada a senso unico ingiusto ma anche ingiustificato.
Ma se certe persone di fede islamica commettono errori in quel senso anche alcuni governi occidentali agiscono nei loro interessi, senza fare alcun sforzo per porre le basi alla cultura del dialogo e dell'ascolto.

Non basta nominare due consiglieri, scelta che ha fatto arrabbiare ancora di più altri rappresentanti della comunità, o eleggere un intero consiglio islamico, per risanare il rapporto con cittadini della nostra fede: quel che manca è una politica per una vera integrazione e una linea decisa e chiara che aiuti e miri alla nascita di un Islam europeo sentito e difeso da tutti musulmani.
Siamo tutti invitati a prendere una posizione decisa contro il terrorismo e a lavorare perché il vero Islam si imponga. E che esso soltanto diventi il punto di riferimento per tutti.

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