A giudicare dal modesto risultato di Saragoza, da poco inaugurata, nellindifferenza generale, con linutile ossequio delle star dellarchitettura come Zaha Hadid, lExpo di Milano sarà un fallimento. La velocità della comunicazione e la conoscenza immediata di ogni proposta e invenzione che una contemporaneità mai così contemporanea consente, rendono inutile riunire in un luogo e presentare al mondo ciò che il mondo già conosce. Saragoza è un deserto per desolazione di pubblico e banalità di idee. Cè più futuro nelle rovine di Selinunte e nel santuario di Segesta che in tutti i progetti (non ancora) pensati per le città italiane.
Così, è evidente che la definizione di uno stile internazionale da parte degli architetti di City Life non stabilisce alcuna relazione con la città di Milano e ottiene linsperato risultato di tenere insieme, nel giudizio negativo, Berlusconi e Umberto Eco. Ma lambizione di dare un volto moderno alle città italiane è un fallimento comunque. Così, come si tornerà a Saragoza per lAlfajeria e non per il ponte di Zaha Hadid, nessuno andrà a Firenze per la pensilina di Isozaki, se malauguratamente dovesse essere realizzata, così come nessuno va a Roma per la teca dellAra Pacis di Richard Meier.
Tutti i progetti annunciati nelle grandi città darte italiane, o anche quelli realizzati come il ponte di Calatrava a Venezia, indicano una povertà sconfortante, che nulla aggiunge alla grande tradizione architettonica che si è espressa dal mondo antico fino al fascismo.
Dopo di allora limmagine delle città è stata affidata alledilizia di speculazione, con rarefatti interventi di «firme» dellarchitettura usate come alibi. Ad Alcamo viene così chiamata Gae Aulenti, per sfigurare unarmoniosa piazza con una inqualificabile riqualificazione. A Torino ci si affida a Fuksas, che intanto immagina di espandersi anche a Savona con improbabili torri. A Bergamo non si risparmiano scale mobili e torri per ascensori per agevolare laccesso alla Città alta. I grattacieli a Rimini sfidano inutilmente limmagine romantica del Grand Hotel, sostituendo il grottesco esotismo di Dubai al sogno di Fellini.
Gli architetti, sempre impertinenti, non stanno mai fermi. A Salemi come a Menfi le chiese terremotate, ancora in piedi, sono state abbattute per consentire esercizi di stile vacui e cimiteriali. Ovunque domina la morte.
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