«Il passivo con l’estero ridotto di due terzi»

La macchina del made in Italy si rimette in moto anche in Europa dopo le incoraggianti performance nei Paesi extra-Ue. Già in luglio, infatti, si era registrato un primo scatto mentre in Europa, che resta il nostro primo mercato con una quota del 58,5%, questo segnale ha tardato a manifestarsi. Ottimismo e cautela, quindi, anche alla luce della crisi che colpisce ancora i nostri principali partner commerciali. «Non dimentichiamo - dice al Giornale il viceministro allo Sviluppo economico con delega al Commercio estero, Adolfo Urso - che la Germania ha avuto una crescita pari allo zero nell’ultimo trimestre 2009». La conferma dell’inversione di tendenza arriva dalla ultime rilevazioni Istat.
Onorevole Urso, finalmente uno scossone anche dal nostro primo mercato, cioè l’Europa.
«Sì, ancora una volta la capacità delle nostre imprese sta trainando la lenta ma significativa ripresa dell’economia italiana. Tuttavia i primi segnali positivi sono giunti dal fronte del Sudest, dai Paesi emergenti che in questa fase guidano la ripresa mondiale. Se a tutto questo aggiungiamo i dati del mercato interno europeo, come dimostrano le ultime rilevazioni, non possiamo che essere pienamente soddisfatti».
Un bicchiere mezzo pieno?
«Sicuramente non mezzo vuoto. I dati ci dicono che l’Italia esce prima e meglio degli altri dalla grave recessione mondiale. Le nostre esportazioni sono cresciute più di quelle dei nostri competitori europei, Francia e Germania comprese. Non a caso la ripresa è trainata da settori anticiclici come gli alimentari e i prodotti farmaceutici. Ma anche dai prodotti chimici, in legno e in carta».
Rimane però un forte passivo.
«Pensiamo che con i dati di dicembre il passivo con l’estero nell’anno che si è appena concluso dovrebbe ridursi di due terzi rispetto all’anno precedente. Mentre, elemento positivo, l’attivo del settore manufatturiero dovrebbe attestarsi sopra i 45 miliardi, di poco inferiore al record del 2006. Prevediamo che nel 2010 la crescita delle nostre esportazioni potrà oscillare tra il 4 e il 5%, determinando in questo modo la crescita del Pil che secondo le ultime previsioni sarà dell’8%».
Quanto ha inciso nella crisi del nostro export l’euro forte?
«Parecchio. Non solo abbiamo dovuto fronteggiare la recessione che ha fatto crollare i consumi nei mercati per noi più ricchi, dagli Usa al Giappone, dalla Russia allo stesso mercato dell’Unione, ma siamo stati costretti a pagare un ulteriore prezzo di competitività sui mercati extra europei per l’alto valore dell’euro, determinato soprattutto dalle politiche monetarie di Stati Uniti e Cina. Un livello più ragionevole di cambio euro-dollaro, potrebbe aiutarci ancora di più».
Questo cauto ottimismo consentirà alle nostre imprese di affrontare il 2010 con meno affanni?
«Indubbiamente sì. Ma bisogna puntare da una parte a rafforzarci sui mercati tradizionali, vale a dire Stati Uniti ed Europa, dove opera la stragrande maggioranza delle nostre piccole imprese esportatrici. Dall’altra è indispensabile accentuare e rafforzare la nostra presenza sui mercati emergenti: Cina, India e Brasile su tutti.

Ma anche in quella grande area che comincia dalla sponda Sud del Mediterraneo, e che poi attraverso il Golfo Persico giunge fino al Sudest asiatico. Una vasta area che in questa fase gioca un ruolo sempre più determinante per l’economia mondiale».

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