Pato conquista Brasile e Pechino Ma avverte: "Non sono Pelè"

Dopo il gol al debutto contro la Svezia, il Papero sarà la stella dei Giochi. Dunga frena: "Piano con i paragoni, fatelo giocare"

Pato conquista Brasile e Pechino 
Ma avverte: "Non sono Pelè"

Milano - Pato in cambio di Kakà. Il Milan ne perde uno solo per Pechino e conserva l’altro, utile, dovesse andare a dama il gran finale, per l’eventuale turno preliminare di Champions. L’ultima impresa del Papero brasiliano a Londra contro la Svezia (amichevole organizzata per il cinquantennale della finale mondiale scandita dal famoso gol di Pelè, sombrero su Liedholm e palletta nell’angolo, come coincidenza radiosa), conserva due risvolti suggestivi. Uno, intimo e celebrativo, riguarda l’accoglienza mediatica del debutto nella nazionale maggiore, con tanto di gol incastonato. «Una prova che ricorda gli inizi di Pelè, Zico, Rivaldo e Ronaldinho» scrivono i giornali brasiliani che non sono il massimo in fatto di giudizi equilibrati. «Ha tutto per diventare un fuoriclasse, ma prima facciamogli giocare almeno una quarantina di partite da professionista» sentenzia e frena Dunga, ct della Seleçao impegnato a definire i contorni delle due rappresentative, una per dar la scalata al mondiale, l’altra per vincere l’oro di Pechino. È l’unico che invita alla moderazione mentre i giornali inseguono l’iperbole, «il debutto di una stella» sostengono in coro, convinti.

«Deve andare per forza alle Olimpiadi» titola O’ Globo e questo rappresenta l’aspetto meno avvincente per il Milan che fa buon viso a cattivo gioco ma nel frattempo approfitta dell’occasione per ottenere dalla federazione brasiliana oltre che dallo stesso Kakà (il club rossonero non può versare 9 milioni di euro di stipendio per mandarlo in gita a Pechino) l’impegno a reclutare uno solo dei due gioielli brasiliani. Per fortuna di tutti, del Milan, del Brasile e dei Giochi olimpici, Pato è un ragazzo oltre che predestinato (firma col gol ogni debutto, con l’Internacional di Porto Alegre, col Milan, con la sua Nazionale maggiore) con la testa sulle spalle. Basta scorrere il testo delle dichiarazioni rese dopo la sfida con la Svezia e al rientro a Milanello (accolto dagli applausi dei rossoneri) per ottenere una conferma solenne. Pato non ha paura di volare. «Ho avuto fortuna nel segnare quel gol», il primo riconoscimento: proprio così, portiere fuori dalla porta e lui che indovina una traiettoria maliziosa larga come un arcobaleno. «I paragoni con Pelè mi lusingano ma lui è un idolo e io invece devo ancora lavorare molto», la consapevolezza di avere una strada molto dura, spianata davanti grazie ai primi passi compiuti in queste settimane travolgenti.

Anche la struggente dedica del Papero lascia capire molto di questo giovanotto nato con il dna del campione di razza e reclutato in tempo utile dal Milan a una cifra significativa, 22 milioni di euro, mica bruscolini. «Appena finita la partita, ho chiamato i miei genitori, erano in lacrime. Devo a loro tutto quello che raccolgo nella mia vita, loro mi sono stati vicini e sono risultati decisivi nell’educazione», la frase di Pato pronto a rimettersi in sintonia con le esigenze del Milan. Ieri, al rientro dall’Inghilterra, si è messo in tuta e ha sudato con Ancelotti preparandosi alla rincorsa al quarto posto. «Dobbiamo raggiungerlo», è stato il suo ultimo intervento. Al Milan è diventato, nel frattempo, oltre che una pepita, anche l’unico attaccante a disposizione di Ancelotti.

Ronaldo è fermo da tempo, Inzaghi ancora alle prese con la pubalgia, Gilardino inseguito da uno stato febbrile, Kakà bloccato dal noto acciacco muscolare (rientro previsto contro il Cagliari): a disposizione, per l’Atalanta che non è di sicuro l’ultima arrivata, il Milan ha solo Pato e Paloschi, i due bomber di 18 anni.

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