
Adriano Aragozzini, 86 anni, produttore discografico e televisivo, per molti anni è stato patron indiscusso del Festival di Sanremo. Padre nobile della canzone italiana. Schietto, diretto, non si risparmia.
Dott. Aragozzini, ma dia un giudizio da esperto sul Festival di quest'anno.
«Premetto che chiunque organizzi il Festival di Sanremo, ha sempre grandi ascolti. Poi ci sono le edizioni più belle, coi migliori artisti e le migliori canzoni, e ci sono festival con canzoni meno belle ma che hanno un bel successo per altre ragioni».
Che differenze tra il festival dell'anno scorso e quello di quest'anno?
«Amadeus ha avuto una bella idea. Si è dimenticato che il festival si chiama festival della canzone italiana, lui si è rivolto ai manager e alle case discografiche, chiedendo gli artisti che erano in classifica sulle varie piattaforme. Il festival di Amadeus ha avuto tutte canzoni che avevano pochissimo a che fare con la melodia italiana».
Conti ha fatto una scelta diversa?
«Sì, e il festival di quest'anno, sebbene tutti dicessero che era impossibile sorpassare quello Amadeus, lo ha sorpassato».
Lei se lo aspettava?
«Io ho vinto una bottiglia di Dom Perignon. Avevo previsto già da un mese prima che Conti avrebbe fatto migliori ascolti se avesse scelto un repertorio italiano».
Ma erano brutte le canzoni dell'anno scorso?
«Sì, quasi tutte. Erano copiate dagli americani senza avere il gusto dei rapper americani».
Per questo ha vinto Conti?
«Conti è molto più popolare di Amadeus. Io sapevo che il pubblico avrebbe scelto Conti».
E Amadeus che tipo è?
«È impossibile avere a che fare con Amadeus. Lui si sente Gesù Cristo».
È spocchioso?
«Spocchioso è dire poco. Lui dice: Io sono il direttore artistico e faccio come mi pare».
E infatti ha deciso di lasciare tutto...
«Già, per passare dal 20 per cento al due per cento. E per quale ragione? Andarsene via per soldi dalla Rai è follia. La Rai ti dà l'immagine».
Invece Conti?
«Ha fatto il contrario di Amadeus. Non è andato a guardare le classifiche. Ha scelto le musiche italiane».
Qualcosa che non le piace di Conti?
«Che a novembre aveva già deciso le canzoni che avrebbero partecipato. Le canzoni arrivate per ultime non le ha ascoltate».
Ai suoi tempi non era così?
«Ai tempi miei quando ascoltavo le canzoni c'erano a controllarci quelli della Cgil, della Cisl e della Uil. Capito?».
A lei Conti ha fatto uno sgarbo?
«Carlo Conti ha la mia massima stima. A me sicuramente ha fatto un torto. Ha escluso la mia canzone senza ascoltarla. E non mi ha voluto ricevere. Io avevo una canzone meravigliosa».
Era bella?
«Bellissima. Sì, me lo hanno detto artisti famosissimi».
Mi dica i nomi.
«Non posso perché nessuno si mette contro Conti, perché Conti è la Rai».
Questo Festival ha avuto un successo enorme.
«Già. L'anno scorso c'era Fiorello. Invece Conti ha fatto da solo. Ha tolto le chiacchiere dal festival. Lo ha fatto correre, mentre gli anni scorsi camminava».
Non le sono mancati i monologhi?
«No. Non mi piacevano. Non c'entrano niente col Festival. Se vai a Cannes vedi solo film. Sanremo invece era diventato un varietà».
Benigni le è piaciuto?
«Benigni è un grande artista. Ci ha fatto ridere tante volte. Quest'anno Benigni ha fatto toccare al Festival il suo momento più basso».
Conti non sapeva cosa avrebbe detto Benigni?
«No, certamente no. Artisti di quel calibro salgono e dicono ciò che vogliono».
Non l'ha fatta ridere nemmeno un po'?
«Benigni voleva suscitare ilarità. A me non ha fatto per niente ridere».
Le femministe hanno polemizzato perché nella cinquina erano tutti maschi...
«Sono ridicole».
Di Giorgia che mi dice?
«La canzone non era straordinaria. La sua voce sì».
A lei piace la canzone che ha vinto?
«Era una canzone carina. Niente di più».
Chi preferiva lei?
«Cristicchi. Ero certo non vincesse. Sono tre anni che si presenta con cose sempre uguali anche se cambia i testi».
Vedere un artista del calibro di Ranieri tra gli ultimi posti?
«La canzone era bruttissima. A mio nipote, che è il manager di Ranieri, ho detto: Ma tu come ti sei permesso di fargli cantare quella canzone? Lui mi ha risposto: Ma tu Massimo Ranieri lo conosci? A lui non si può dire nulla».
A lei è capitato durante la sua carriera di dissuadere un cantante quando si rendeva conto che il pezzo non era valido?
«Ricordo litigate pazzesche, ad esempio, quando ero il manager di Gino Paoli. Gli dicevo: Questa canzone non vale. Lui fece di testa sua e non entrò neanche in finale».
C'è una polemica riguardo alla manager Marta Donà che rappresenta gli ultimi quattro vincitori del Festival.
«A me pare una sciocchezza».
Un manager o una casa discografica non possono influire in alcun modo rispetto alla vittoria o al piazzamento di un cantante?
«Sulla carta non dovrebbero influire mai. Purtroppo c'è chi dice che il televoto possa essere modificato con dei software».
Saviano ha accusato questo festival di essere sovranista. Lei cosa ne pensa?
(Ride) «Saviano ha la testa che soffre di sovranismo acuto poveretto».
A inizio intervista mi ha
premesso che è un uomo convintamente di destra. Perché lo ha voluto ribadire?«Perché solitamente gli artisti hanno paura che dirlo possa penalizzarli. Io ne sono sempre stato orgoglioso e non l'ho mai nascosto».
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