Paura a casa Cremonesi: «Ma sapevamo che Gaza non è Bagdad»

Tanta tensione per Paola Radaelli, moglie dell’inviato del «Corriere» per alcune ore nelle mani dei banditi

Stefano Zurlo

Le 20 in punto. I tg lanciano la notizia: «Lorenzo Cremonesi è libero». Lei frena: «Non mi risulta, il suo cellulare è spento, io non so assolutamente nulla. Mi scusi, ma devo lasciare libero il telefono di casa, potrebbe arrivare una chiamata». Ore 20 e 40, questa volta la moglie dell’inviato del Corriere della Sera sorride: «Sì, l’hanno rilasciato, me l’ha confermato la Farnesina». In quel preciso momento le agenzie battono le dichiarazioni rilasciate qualche istante prima dal marito a Sky tg 24: «Non ho mai avuto paura». «Ma come? - chiede lei - potrebbe anche chiamarmi», e sorride di nuovo comprendendo definitivamente che il peggio è passato.
Il pomeriggio più lungo di Paola Radaelli è finito. Lei non si è mai fatta risucchiare dall’angoscia, è riuscita lucidamente a dominare le emozioni. Intorno alle 18 la chiama il condirettore del Corriere Paolo Ermini e le tratteggia il quadro: l’ottimismo si mescola alla cautela. Lei riflette senza scomporsi: «Mi dicono che a Gaza agiscono bande criminali. Certo se mio marito si trovasse a Bagdad sarei agghiacciata, ma qui il contesto è diverso. Gaza non è Bagdad. Essere rapiti a Gaza è quasi un lusso rispetto a Bagdad».
Parole che si specchieranno qualche ora dopo in quelle pronunciate da Lorenzo: «Non ho mai avuto paura perché a Gaza non è mai stato ucciso nessuno». Gaza non è Bagdad. Glielo spiega Ermini, ma Paola lo sapeva già per i fatti suoi. Paola Radaelli è una delle poche italiane attrezzate, sul piano culturale, a fronteggiare una situazione del genere: si è laureata in lingua e letteratura araba a Venezia, per 12 anni ha abitato a Gerusalemme, è stata corrispondente per Il Giorno e La Nazione dal Medio Oriente, parla arabo ed ebraico. Ora vive a Milano con Lorenzo ma spesso sogna di tornare sul campo. E in quelle ore di crisi dà una grande lezione di autocontrollo: «Sono vaccinata, Lorenzo è stato per lunghi mesi in Irak, durante la guerra e dopo, mi telefonava spesso, ma era dura, molto dura. Ero sempre preoccupata, non potevi mai sapere».

Poi, finalmente, festeggia la liberazione del marito. E alle 21,30 lui la rassicura: «Sto bene. Tutto ok. Il governo mi ha messo a disposizione un aereo per tornare, ma io rimango qui a Gaza a fare il mio lavoro. Ciao».

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