La paura del contagio manda le Borse al tappeto

Ancora macerie sui mercati finanziari, dove tira un’aria da fallout, da zona contaminata dalla crisi del debito sovrano. All’inizio della settimana, gli investitori sono tornati a vendere a piene mani, come se i portafogli fossero pieni di titoli radioattivi. Per mandare le Borse in tilt è bastato che Moody’s agitasse davanti agli occhi della Francia lo spauracchio della possibile perdita della tripla A dell’eccellenza finanziaria (eventualità nefasta anche per il fondo salva-Stati), e che il Congresso Usa replicasse il balletto grottesco consumato la scorsa estate sul rifinanziamento del debito.
I 194 miliardi di euro polverizzati in una manciata di ore, di cui 15 miliardi attribuibili a Piazza Affari, danno l’esatta misura dell’ennesimo lunedì nero, scandito da perdite che a Milano, anche per effetto degli acconti sui dividendi (il cui peso è stato dello 0,57% sul risultato finale) e a causa dei tonfi di Finmeccanica e Fiat, sono state pari al 4,74%. Ma anche altrove gli indici si sono avvitati su se stessi, con crolli superiori al 3% a Francoforte, Parigi e Madrid, per nulla rinfrancata dalla chiara vittoria elettorale di Mariano Rajoy; anche Wall Street mostrava, a un’ora dalla chiusura (-2,6%), la faccia del pessimismo nella settimana che darà l’avvio, con il black friday, alla stagione dello shopping natalizio. La tensione si è fatta sentire anche sugli spread: quello tra Btp e Bund è salito dai 467 punti di venerdì a quota 480, con i rendimenti dei decennali al 6,66%; il differenziale degli Oat francesi è passato da 150 a 155,7, mentre si è alleggerito quello sui Bonos (da 476 a 463).
In questo clima avvelenato, in cui l’effetto contagio sembra sempre meno una simulazione accademica, il premier Mario Monti lavora su un doppio binario. Il primo è ovviamente necessario a tamponare l’emergenza in Italia, con la messa a punto della manovra correttiva. Un tentativo vano, a detta del Roubini Global Economics, convinto che le misure aggiuntive non metteranno il nostro Paese al riparo, nel 2012, da una ristrutturazione del debito. Il secondo binario è quello comunitario. Oggi il Professore incontrerà a Bruxelles il presidente della commissione Ue, Jose Manuel Barroso, e il leader del consiglio europeo, Herman van Rompuy. Poi, giovedì, volerà a Strasburgo, per un rendez-vous con il presidente francese Nicolas Sarkozy e la Cancelliera tedesca, Angela Merkel. La speranza è che Monti riesca, se non proprio ad allargare l’asse Parigi-Berlino, ad ammorbidire almeno la posizione tedesca sugli eurobond, un progetto a cui lo stesso Monti ha collaborato con la Commissione Ue. Non sarà però facile: la Merkel ha ribadito ieri, per l’ennesima volta, di essere contraria a uno strumento che «non è una panacea» per la crisi del debito, ma l’atteggiamento di ferma chiusura di Berlino sta irritando, e non poco, le autorità europee. Il premier lussemburghese e presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, non le ha mandate a dire a Frau Angela: «Prima di bocciarla, la proposta andrebbe almeno studiata».
Nonostante i nein incassati, Bruxelles va avanti: mercoledì la Commissione europea presenterà tre proposte sugli eurobond. C’è tuttavia un altro fronte che rischia di aprirsi. Cresce infatti la contrarietà dei tedeschi verso gli acquisti di titoli di Stato da parte della Bce. Non solo: secondo il segretario generale della Csu, Alexandre Dobrindt, Mario Monti potrebbe diventare «il più costoso presidente della Bce di tutti i tempi».

Accuse che lasciano il tempo che trovano. L’ammontare dei bond comprati durante la gestione Monti (8 miliardi la scorsa settimana, 4,5 la settimana prima) non si discosta da quanto speso dal suo predecessore, Jean-Claude Trichet.

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