La pazza idea di D’Alema: fare di Casini il nuovo Prodi

Baffino ha già fissato il suo ultimo, grande obiettivo: salire al Quirinale fra tre anni E sa che la sua unica chance è un democristiano a Palazzo Chigi. Ma Pierferdy tentenna

La pazza idea di D’Alema: fare di Casini il nuovo Prodi

Sono un po’ di anni che Massimo D’Alema ha scritto data e luogo sul calendario: 2013, Quirinale. Non è il solo. A quanto pare per la strada che porta al Colle c’è una certa fila. Solo che Massimo non è uno che ama giocare con il caso. Lui ha già scritto tutto. E così ogni volta che si parla di trovare un nuovo Prodi lui mette sul piatto sempre lo stesso nome: Pier Ferdinando Casini.

È su questo che ruota l’ultima disfida tra D’Alema e Veltroni. Fa un po’ pena, ma è così. Meglio lasciar perdere le primarie, la vera disfida assomiglia molto di più a X Factor. La politica vista da sinistra sta diventando un talent show, un casting, la ricerca disperata di un candidato con il dna giusto. Chi sarà il nuovo Prodi? Chi ha il fattore X? Tutti e due sono convinti che l’anti Cav non va cercato in casa. Serve un cavallo di Troia, un democristiano, uno con il volto rassicurante, che fa pranzo, cena e colazione con i poteri forti. Il problema è che D’Alema vuole solo Casini e Veltroni non ne vuole neppure sentir parlare. Ed è una storia vecchia, che dura da qualche anno.

Bisogna ragionare con la testa di D’Alema. Ci sono molti buoni motivi per spiegare il suo amore per Pierferdy. No, che sia bello non c’entra nulla. Non è questo il fattore X. È molto più importante che sia il genero di Caltagirone. Non per il denaro, ma perché grazie a Casini e ai suoi affari di famiglia D’Alema ha smantellato in gran parte la rete veltroniana a Roma. Lo ha inseguito, lo ha scalzato, lo ha deposto in ogni posto dove l’antico rivale appariva ingombrante. È storia di acqua e di acquedotti. Il ticket avrebbe potuto funzionare benissimo anche in Puglia, dove le privatizzazioni dell’acquedotto vanno a rilento, ma si è messo di mezzo il solito Vendola. La verità è che gli affari contano, ma non sono tutto.

Agli occhi di D’Alema, Casini ha altre qualità. Una su tutte: non è del Pd. Questo, nella sua logica, significa che ha qualche possibilità di battere Berlusconi, perché la legge del voto dice che se sei di sinistra perdi. Non solo. È perfetto per il ticket con il Colle. Ipotesi. Questa stramba coalizione che in mancanza di idee migliori chiamano Ulivo 2 riesce a conquistare la maggioranza. Se a Palazzo Chigi c’è un democristiano al Quirinale va un ex Pci. È scritto. Prodi qua, Napolitano su. Funziona. Metti, per assurdo, che al capo del governo ci finisca un Bersani o addirittura un Vendola, che succede? Semplice: D’Alema è spacciato. Bye Bye Quirinale. Il motivo per cui poi il Baffino ci tenga tanto a fare il presidente della Repubblica sono affari suoi. Forse si sta meglio lì che al Copasir.

Non è tutto così semplice. Il progetto di D’Alema va avanti con troppi se. Il primo è che Casini magari non ci sta. Ma si può dire no a un offerta del genere? Casini capo del centrosinistra. Casini candidato premier. Casini come Prodi. Casini quindi accetta. Quello che sta accadendo in Sicilia sarebbe solo la prova generale di un progetto molto più ambizioso. Ora bisogna convincere gli altri. Finora il buon Massimo ha incassato solo insulti e antipatie. La lista dei nemici si allunga di giorno in giorno. Vendola combatterà fino all’ultima primaria. Di Pietro, che per far cadere Berlusconi accetterebbe a parole anche un patto con il diavolo, di fatto non è disposto a giocare con Casini neppure nella stessa squadra di calcetto. Come antiberlusconiano Tonino campa di rendita, con Casini o Fini a girargli per casa si ritroverebbe il frigorifero (di voti) vuoto e l’identità in frantumi. Pannella andrebbe a sacramentare da un’altra parte. Veltroni ha già messo in piedi una giostra di documenti che ha sbrindellato il partito. Fioroni, Bindi, Marini e Franceschini si tengono ben stretti il brevetto di democristiani di sinistra.

Ci sarebbe Bersani, il segretario, il fedelissimo. Peccato che D’Alema abbia gelato anche lui. «Pier Luigi, abbiamo bisogno dell’Udc». «Certo Massimo, per la mia candidatura a premier sarebbe un sostegno fortissimo. Ma Casini ci sta?». «Certo Pier Luigi, lo convinco io». «E come?». «Gli faccio un’offerta che non può rifiutare». «Cioè». «La leadership della coalizione. Casini contro Berlusconi». «E io?». «Tu ti fai da parte». Non sarà andata proprio così, ma il senso è questo.


La mossa dello scorpione, come ricorda il deputato Pd Stefano Esposito, non è piaciuta a Bersani. Tra i due si è rotto qualcosa. Insomma, da quando D’Alema si è messo in testa che Pierferdy è il nuovo Prodi, a sinistra si azzuffano come matti. Il segreto, a destra, è non offrirgli poltrone di governo.

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