Perché la scuola è a pezzi? Ecco le cinque risposte

Se la scuola italiana versa nelle condizioni pietose che vediamo (e lo vediamo anche attraverso i filmati hard di questi giorni) le colpe sono: 1) del '68. La contestazione giovanile partì dalle scuole per investire ogni aspetto della vita sociale, fallendo quasi tutti i suoi obiettivi («La rivoluzione del Sessantotto - ha scritto Veneziani - è riuscita solo per la prima metà: come dice la parola stessa, è trionfata come sesso, è fallita come antotto») ma nella scuola dalla quale era partita ha fatto danni forse irreparabili. «Vogliamo tutto» «Proibito proibire» e altri simili slogan scanditi nelle piazze, e destinati a spegnersi già nei secondi anni ’70, hanno riecheggiato nelle aule scolastiche per 40 anni, dando i loro frutti. E i frutti si chiamano indisciplina, bullismo, sfida aperta all’autorità, buonismo pedagogico che ha fatto più danni delle bacchettate di dickensiana memoria.
Punto 2. Colpa della famiglia. I Decreti delegati del 1974, permettevano ai genitori degli alunni di prendere parte alla loro vita scolastica, di dire la propria in merito a tutte le questioni riguardanti la scuola, di chiedere conto di ogni decisione presa dai professori. Quella che doveva essere una partecipazione democratica alla vita della scuola, s’è trasformata in ingerenza. Non c’è stato progetto, provvedimento, semplice idea dell’insegnante che non sia passata al vaglio familiare. Un fabbro, un muratore, un architetto, un avvocato, hanno imposto le loro idee in materia didattica a chi aveva una laurea in pedagogia, in lettere, in psicologia, e superato un concorso davanti ad altri professori. La scuola ha avuto paura dei genitori (per un niente fioccano le denunce, quando non si abbattono mazzate) e s’è piegata al loro volere. I ragazzi hanno fatto di questa paura un’arma, dandosi alla pazza gioia, minacciando per un nonnulla l’arrivo di mamma e papà.
Punto 3. Colpa della politica. Ad ogni nuovo governo c’è una nuova riforma. I presidi, gli insegnanti, non hanno tempo di organizzarsi secondo la Riforma Tizio, che arriva la Riforma Caio. È il caos. Ognuno fa come gli pare, su tutto. Per esempio, nella valutazione, c’è chi esprime il giudizio coi numeri, chi con le lettere, chi con gli aggettivi, chi col giudizio. Ma in ogni caso, sono tutti promossi (è il «6 politico» con altri nomi) e allora perché affaticarsi a studiare?
Punto 4. Colpa della televisione e del cinema, che mostrano supplenti-sexy e alunni arrapati; o studenti teppisti, le cui gesta, domani, qualcuno, in classe, cercherà di emulare.
Punto 5. Colpa degli insegnanti, sempre più demotivati, e disillusi verso una professione che nessuno tiene più in considerazione.

Se la scuola cade a pezzi (anche in senso letterale. Più della metà non è in regola con le norme di sicurezza), per ricostruirla, c’è bisogno che tutti si diano una regolata. Diversamente, l’Età della pietra non sarà più solo un capitolo di storia.
mardorta@libero.it

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