"Trance emotiva, va educato con i no". Il parere dell'esperto su Blanco

Sulla vicenda di Blanco, è intervenuto il Prof. Piero Barbanti, del San Raffaele di Roma, spiegando le motivazioni del gesto di una "inspiegabile violenza"

"Trance emotiva, va educato con i no". Il parere dell'esperto su Blanco

Prima la devastazione, poi il pentimento, in mezzo tanti interrogativi sui nostri giovani e su quella forma di "violenza inspiegabile" che ieri è andata in scena con Blanco sul palco dell'Ariston, ma di cui si hanno assaggi, a volte con gravi conseguenze, nella vita di tutti i giorni. A fare un'analisi da quanto successo, il Prof. Piero Barbanti, Responsabile dell'Unità per la cura e la ricerca su Cefalee e dolore e docente di Neurologia all’Università Telematica all’IRCCS San Raffaele di Roma.

Sono parole che fanno riflettere le sue, e che dipingono un quadro in cui spesso, il troppo amore, l'accondiscendenza e l'incapacità di educatori e genitori di porre limiti, crea, ma per fortuna non tutti i giovani sono così, più lati negativi che un vero e proprio aiuto a crescere. Genio e sregolatezza come Van Gogh e Maakovskij? "Sì, ma fino ad un certo punto. Estraniarsi dalla realtà per trovare ispirazione è il requisito dell’artista ma ciò che è accaduto ieri sera va forse un po’ oltre" dice il professore Barbanti.

"Un black-out della ragionevolezza, una sorta di 'trance emotiva' durata diversi minuti. Il sonno della ragione. Poi la riflessione, il pentimento ma anche la paradossale autoassoluzione. Impulsività, rabbia e bassa soglia alla frustrazione. È il mix letale, spesso risultato di una vita con pochi 'no'. Le difficoltà, la frustrazione e il sacrificio fanno crescere. Non le vittorie” spiega senza mezze parole.

La contrarietà” continua “è vissuta come un attacco personale, non come un normale evento della vita. Perché tutto questo? Sono ragazzi che non sanno controllare le emozioni perché non sanno riconoscerle, denominarle e classificarle. Per loro l’unica via per liberarsi da questo fantasma interiore è a volte la furia e l’atto estremo", proprio come ha messo in scena Blanco, 20 anni tra pochi giorni.

Ma cosa ha rappresentato quella scena che ha lasciato tutti senza parole? "Un gesto di rottura, a volte violento, figlio di un enorme vuoto formativo. La nostra impulsività è innata ma va educata. Il sistema sociale nel quale siamo immersi non è più idoneo a questo compito perché valorizza la velocità, lo scambio rapido, non la riflessione. Il ruolo formativo della scuola, sempre più competitiva, si è ridotto perché il metodo passa in secondo piano rispetto alla nozione e al tecnicismo. Così come è cambiata la comunicazione familiare, spesso più attiva sulla chat che intorno alla tavola".

Una sorta di denuncia a tutto tondo, fatta non per puntare un dito, ma per far cadere un velo che spesso la famiglia, le problematiche, le incapacità o l'assenza di figure di riferimento, usano per non vedere, per la difficoltà di intervenire su qualcosa, che prima o poi esce prepotente e in maniera inaspettata, proprio come successo

ieri: "Sono giovani e giovanissimi che chiamano indipendenza ciò che è spesso solitudine, disabituati alla socialità. Padroni della vita virtuale, inesperti quando immessi nella comunità”, conclude il professore.

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