Il padre, l'anfetamina, le donne, il carcere: Vasco Rossi e la sua "vita spericolata"

Il cantautore, in una lunga intervista al Corriere della Sera, si è lasciato andare ad un lungo racconto sul suo passato non di certo facile

Il padre, l'anfetamina, le donne, il carcere: Vasco Rossi e la sua "vita spericolata"

Dal rapporto con il padre, all’uso di anfetamina, al carcere. Vasco Rossi si racconta senza freni in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera. “La noia. Sono seduto al tavolo della cucina, e mi annoio. Ero un bambino solo. Volevo un fratellino con cui giocare”, è questo il primo ricordo di Vasco, il cui nome è un omaggio al compagno di prigionia di suo padre, uno dei 600 mila internati militari in Germania che rifiutarono di combattere per Hitler.

Vasco Rossi e il ricordo del padre

“Gli americani bombardarono il lager, lui cadde in una buca, questo Vasco lo tirò su di peso e papà gli disse: se un giorno avrò un figlio, lo chiamerò come te”, ha rivelato Vasco, prima di raccontare che, proprio recentemente, ha riletto un diario scritto da lui: “Mio padre teneva un diario. L’ho riletto da poco”. E ancora: “Racconta la morte di un prigioniero. Aveva visto i suoi compagni morire di fatica e di botte, cose terribili che voleva testimoniare. E io le ho assorbite”. È proprio per questo che il cantante non guarda film sulla Shoah, ma ogni anno ricorda il Giorno della Memoria.

Nella lunga intervista, il cantante ha ricordato il padre, la cui morte per lui segnò una svolta imprescindibile: “Tornò dal lager che pesava 35 chili. Si chiamava Giovanni Carlo e faceva il camionista. Morì di fatica a 56 anni, mentre faceva manovra tra i silos del porto di Trieste. Sono andato a prenderlo e qualcosa dentro di me è cambiato. Papà era un combattente, aveva detto no ai nazisti”. Poi, ha aggiunto: “È entrata dentro di me una forza che prima non avevo, e che si è fusa con la malinconia, la gioia, l’amore per la musica di mia madre. E mi sono detto: qui non si scherza più. Qui mi gioco tutto. Mi rischio la vita”.

L’uso di anfetamine e il carcere

Vita spericolata è il titolo della canzone di Vasco Rossi che, d’altronde, riflette proprio il suo vissuto e passato, segnato dall’esperienza del carcere e dall’uso di anfetamine: “Potevo stare tre giorni senza dormire, grazie alle anfetamine. Poi ho capito che le anfetamine sono pericolose. Ho sperimentato la mia psiche, sono entrato nella mia mente, ho fatto un viaggio dentro la mia coscienza. Le sostanze stupefacenti le ho provate quasi tutte, tranne l’eroina”.

Proprio per detenzione di cocaina e spaccio, il cantautore venne arrestato nel 1984. A questo proposito, Vasco ha confessato: “Passai 5 giorni in isolamento. Cercavo di dormire, mi svegliavo credendo di aver fatto un brutto sogno; infine realizzavo che era tutto vero. Poi altri 17 giorni di galera”. È a questo punto che Vasco si è lasciato andare ad una rivelazione, svelando chi gli è stato vicino in quell’occasione: “Solo De André venne a trovarmi, con Dori. Pannella mandò un telegramma. Fu l’occasione per resettarmi. Mi sono disintossicato da solo, senza bisogno di andare in comunità. Dopo la galera sono tornato a casa, a Zocca, e non ne sono uscito per otto mesi. Senza anfetamine non riuscivo ad alzarmi dal letto. E in tanti erano contenti”.

Vasco Rossi tra amore e odio

Senza remore alcuna, il cantautore ha affermato di essere tanto amato, ma anche “molto odiato”. Quindi, ha raccontato: “Mi sputavano addosso per strada. Ero il drogato. Il capro espiatorio dei primi Anni 80. Il diretto responsabile della diffusione degli stupefacenti perchè, secondo loro, le mie canzoni spingevano all’uso della droga. E per decenni me l’hanno rinfacciato, una cosa che succede solo in Italia: nessuno si permetterebbe di trattare da drogato, che so, Paul McCartney o Keith Richards”.

Naturalmente, non sono mancati i momenti difficili nella sua vita, tanto che agli inizi della sua carriera soffriva di ansia da prestazione: “Ero terrorizzato. Mi violentavo per salire sul palco, dovevo bere per farmi coraggio, arrivare quasi ubriaco”. E ancora ha aggiunto: “Ero diversamente lucido. Poi mi sono detto: non stanno chiamando me; stanno chiamando Vasco Rossi. Prima non mi divertivo sul palco, e cercavo il divertimento dopo il concerto”. Tuttavia, adesso, le cose sembrano essere cambiate: “Mi concentro del tutto sul presente. E dopo il concerto mi faccio una doccia e vado a dormire. Io non ho una vita normale, non posso mai andare da nessuna parte; ma il palco mi ripaga di tutto.

Vasco Rossi, l’amore per le donne e i figli

Poi, a proposito della violenza verbale – che definisce “un’ironia feroce” – nelle sue canzoni ha spiegato: “Io ho sempre cantato la rabbia e la sofferenza che avevo dentro. Anche se ho sempre avuto grande rispetto per le donne. Se una donna dice no, è no. E io i no li ho sempre rispettati”. Il suo primo grande amore è stata Paola: “Si era prefissata di distruggermi e ci è riuscita. Dopo di lei e prima di Laura, mia moglie, è stato solo sesso. Tutte le canzoni in cui sono arrabbiato con le donne me le ha ispirate Paola; dovrei darle i diritti d’autore”.

È nel 1986 che Vasco diventa padre di Davide e Lorenzo, nati ad un mese di distanza, ma il cantautore li riconobbe soltanto dopo la loro nascita a seguito del test del Dna: “Avevo avuto una storia con una ragazza bellissima, Gabriella, che purtroppo è mancata qualche giorno fa, all’improvviso. L’avevo lasciata, per vivere fino in fondo la mia avventura con la musica, ma mi ero preso cura di lei: era rimasta a Zocca con mia mamma, mentre le cercavo una nuova casa e un nuovo lavoro. Le lasciai anche una macchina, una Renault5, perché potesse andare in giro, trovarsi un altro fidanzato. E lo trovò. Quando tornai, la rividi nella roulotte prima del concerto, e la salutai con affetto, per l’ultima volta. Mesi dopo mi dissero che era incinta. Poi, ha proseguito: “Mesi dopo venne Stefania, un'altra ragazza, con un bimbo in un passeggino, era Davide. Un po’ mi arrabbiai: mi avevano rubato un figlio, a me che non ne volevo! Il tribunale mi impose il test del Dna[...]Con mio grande stupore risultò che il padre di Davide ero io. Così lo riconobbi, e versai 5 milioni al mese per il mantenimento”. Infine, a proposito di Laura, la sua attuale moglie ha affermato: “L'ho amata dal primo momento in cui l'ho vista. Una passione travolgente.

Con Laura ho realizzato il progetto di famiglia. La passione dura sei anni, massimo sette. Poi subentra l’amore per il progetto. Ti rendi conto che sei diventato padre quando daresti la vita per salvare quella di tuo figlio”.

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