"La prima serie non volevo farla. Dopo averla finita mi sono detto: mai più. Prima di girare la seconda mi sono fatto il segno della croce. La terza? È già pronta la sceneggiatura: a novembre cominciamo le riprese". Allora è vizio. Nonostante consuete ansie e reiterati timori, dunque, Verdone non sa fare a meno d'ironizzare sulle malinconiche comicità della sua "Vita da Carlo". Così, da domani parte su Paramount+ (traslocata da Amazon Prime) la seconda stagione della divertita semi-autobiografia del popolarissimo attore e regista. Ancora a mezza strada fra realtà e fantasia; "tra affanni veri - come dice lui - e buffe ricostruzioni". Per verificare quanto il Verdone dello schermo somigli (o meno) a quello della realtà.
Insomma: La vita da Carlo è davvero ricalcato sulla vita di Verdone?
"È quello che mi chiedono tutti. E io rispondo: sì. Con parecchie invenzioni, certo. Ma anche con tutte le gioie e le fatiche della realtà. Fatiche che non potete neanche immaginare. Ma che mi hanno fatto quello che sono. Se non avessi faticato tanto, oggi sarei solo un attore come tanti altri".
Perché aveva giurato di non fare questa seconda stagione?
"Perché i numeri due vengono sempre peggio dei numeri uno. E perché realizzare una serie è un massacro: molto più che fare un film. In un giorno giri otto pagine di sceneggiatura quando al cinema ne fai tre, tre e mezzo. Così dopo una settimana preghi Iddio di arrivare vivo alla fine. Però c'è anche un vantaggio: non devi sintetizzare, puoi allargarti. Così stavolta abbiamo una storia più ricca, più autobiografica, con più personaggi e colpi di scena. Che mi pare che funzioni meglio ancora della prima".
L'avevamo lasciata tentato invano dalla politica; addirittura richiesto come sindaco di Roma.
"E mi ritrovate a girare il mio primo film d'autore, tratto dall'autobiografico, drammatico racconto Maria F., in cui confesso la giovanile passione per una prostituta. Il produttore protesta: ma qui nun se ride! E nun se vede gnente!. E io: però c'è tanta tenerezza. E lui: co' la tenerezza nun ce magni!. Così per interpretare il me stesso giovane mi obbliga a prendere un idolo dei ragazzi: Sangiovanni. Il quale è vicentino e non romano, è cantante e non attore, e litigherà con la prim'attrice Ludovica Martino. Mentre io conoscerò una pazzoide scrittrice per bambini, Stefania Rocca, la mia ex moglie Monica Guerritore continuerà a soccorrermi, mia figlia Caterina De Angelis a tormentarmi, il mio amico Max Tortora a perseguitarmi. Insomma: un piccolo ma devastante Otto e mezzo verdoniano".
Nel continuo gioco di specchi fra attori veri che ne fanno di falsi, e famosi che rifanno sé stessi, avremo ancora tanti divi?
"Ancora. Incontrerò Claudia Gerini su un set di Gabriele Muccino; con Christian De Sica rivedrò i vecchi compagni di scuola; incrocerò Zlatan Ibrahimovic dietro le quinte dello show di Fabio Fazio. Lavorare con i vip è divertente. All'inizio Sangiovanni ha preso le misure di un mondo diverso dal suo; poi s'è lanciato. Ibrahimovic è stato disciplinatissimo. Ho visto tutti i tuoi film, mi dice. E io tutti i tuoi gol, rispondo io. Tornerà anche Fabio Traversa, che in Compagni di scuola interpretava Fabris. E che mi accusa, con quel personaggio, di avergli rovinato la vita".
Ora che ha lavorato a lungo per la tv, come vede la situazione del nostro cinema?
"Come sempre. Davanti tutti i soliti filmoni americani che fanno un sacco di soldi, e dietro i nostri, che invece arrancano. Prendete "Barbie": può piacere o meno (io, come sono entrato a vederlo, subito sono uscito) però dentro c'è un'idea che funziona. Cos'è invece che non funziona nei nostri film? Interroghiamoci su questo, invece che su polemiche inutili, del tipo dare agli italiani i ruoli da italiano. Forse bisognerebbe dirlo, che alcuni film italiani sono semplicemente brutti. È questo, che mi preoccupa".
Lei si ha denunciato i danni provocati al cinema dal politically correct. Anche Vita da Carlo li ha subiti?
"Un giorno si e uno no eravamo costretti a dirci Eh, no, questo non si può dire, questo non si può fare.... un incubo. Su temi come l'antirazzismo il politically correct lo condivido. Ma su tanti altri siamo arrivati all'eccesso, all'assurdo. Peggio: al ridicolo.
La Divina Commedia è pornografica? Presto diranno che anche il Crocifisso lo è. Buttare giù le statue? Roba da far ridere i polli. Che però fa proseliti. Se fosse per loro tutta la commedia anni '60, tutti i film di Alberto Sordi, sarebbero da prendere e buttare nel gabinetto".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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