Piccolo tour attraverso i luoghi dell’artista

TOMBA L’ultima «dimora» di Giorgio De Chirico si trova nella chiesa di San Francesco a Ripa

La Metafisica di Giorgio De Chirico compie cento anni e non può che «festeggiarli» a Roma, città in cui l’artista visse e morì, con una grande mostra, La Natura secondo De Chirico, curata da Achille Bonito Oliva, che, da oggi all’11 luglio, riunirà a Palazzo delle Esposizioni centoventi opere provenienti dai più importanti musei del mondo con l’intento non di realizzare una «classica» retrospettiva, ma di offrire nuovi stimoli alla lettura critica dei suoi lavori. Anche ai più piccoli, grazie ai laboratori «La natura silenziosa degli oggetti» che regalano atmosfere metafisiche a oggetti di uso quotidiano. Articolata in sette sezioni tematiche, volte ad indagare il rapporto dell’autore con la categoria fisica e filosofica del «naturale», l’esposizione diventa così il punto di partenza o, per chi lo preferisca l’appendice, di un ideale tour tutto romano sulle orme di De Chirico, che di via in piazza, di galleria in museo, riserva perfino la sorpresa di una tappa americana. Il percorso non può che prendere le mosse dalla Casa Museo Giorgio De Chirico, in piazza di Spagna 31, che, su due piani, custodisce sessanta opere a olio e alcune sculture, rappresentative dei diversi momenti e stili dell’artista, ma, soprattutto, ne testimonia le più profonde e stabili «affinità», esponendo i suoi lavori prediletti, quelli che ha voluto tenere accanto a sé in casa. Tra cavalli, autoritratti, nature silenti e soggetti metafisici, «Pianto d’amore» del 1974, ispirata a Ettore e Andromaca, coppia e simbolo che più volte raffigurò nella sua carriera e che in città ha un suo «doppio» scultoreo al museo Carlo Bilotti a Villa Borghese. Una delle sezioni più importanti e consistenti del museo Bilotti, è infatti dedicata alle opere di De Chirico, tra oli e acquerelli, cavalli e scenari «concretamente» surreali. A segnalare e, forse, proteggere, tale tesoro, davanti all’ingresso, è il gruppo in bronzo «Ettore e Andromaca», tiratura di due esemplari realizzata nel 2006 da un originale del 1966. L’attenzione, nella Villa, non può non essere attirata dalla Galleria Borghese. È qui che, durante una visita nel 1919, affascinato da Lorenzo Lotto e Tiziano, l’artista maturò la convinzione della necessità di guardare al classico e confrontarsi con esso. Dello stesso anno, la visita alla Galleria nazionale d’arte moderna, verso la quale fu molto critico, in una selezione rigorosa tra artisti a suo parere validi e altri sopravvalutati. Alla Gnam si trovano per lo più opere del periodo post-metafisico, più «classiche» appunto e, anche qui, un omaggio alla coppia troiana nella sua raffigurazione più «antica» tra quelle capitoline, «Ettore e Andromaca» del 1924. Qui pure l’archivio della rivista «Valori Plastici» con cui l’artista collaborava. La prima mostra personale, però - c’era stato solo il precedente di quella con Carlo Carrà nelle sale del giornale «Epoca» - ebbe come teatro via Condotti, e, in particolare, la galleria dei fratelli Bragaglia. La strada è legata al suo nome, inoltre, per l’assidua frequentazione del Caffè Greco, vero e proprio salotto culturale, di cui diceva «è l’unico posto dove si può sedere e aspettare la fine del mondo». Allontanandosi dal centro, in piazza di Villa Carpegna, si raggiunge la Quadriennale di Roma, che, nella sua seconda edizione, nel 1935, a Palazzo delle Esposizioni, a De Chirico dedicò un’intera sala. Con il secondo dopoguerra l’attenzione si sposta al teatro dell’Opera, con cui il pittore collaborò. Senza soffermarsi sulle collezioni pubbliche e private - non ultima quella della Direzione Generale della Bnl, in via Veneto - la passeggiata porta alla chiesa di San Francesco a Ripa, in piazza San Francesco d’Assisi, che ospita la sua sepoltura. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la passeggiata non termina davanti alla tomba ma, in un percorso circolare, torna in piazza di Spagna, stavolta presso la galleria Ca d’Oro, al civico 81.

Da qui è partita la terza edizione della mostra collettiva «Omaggio a De Chirico», che, dopo Miami e New York, dal 13 aprile approderà a Los Angeles, con artisti e opere anche molto distanti tra loro, da Renato Guttuso e Pablo Echaurren a Mario Ceroli e Alessandro Kokocinski, da Stefano Branca, con una moderna rilettura in ferro dell’appassionato abbraccio di «Ettore e Andromaca», alla «Lettera sulla metafisica», corsivo «tagliato» su tela, di Alfredo Rapetti. La mostra poi tornerà in galleria, aggiungendo un’ulteriore tappa alla passeggiata «fisica» e metafisica per Roma sulle orme di De Chirico.

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