Piero Battara Il portiere che crea i migliori portieri

Finalmente anche lo staff tecnico di Coverciano ha deciso di ufficializzare la figura del «preparatore di portieri». La notizia ha fatto piacere a Piero Battara, l’ex grande numero uno della Samp e colui che trent’anni fa aveva iniziato questa «metodologia applicata alla tecnica specifica dell’allenamento dei portieri».
Una soddisfazione, Battara?
«Anche se un po’ in ritardo, meglio di niente. Io confesso di essere stato il creatore del ruolo di preparatore dei portieri. Il primo ad avere questa idea fu Gipo Poggi, allenatore Samp quando io arrivai in blucerchiato. Mi ricordo che, a fine allenamento, io mi fermavo per farmi “bombardare” da Baldini e Bassetto che si divertivano a cercare di battermi. Fu allora che dissi: appena smetto di giocare inizio ad allenare i portieri. E così feci».
Lunga la serie di portieri cresciuti con te...
«Tanti, tanti davvero. Da Pagliuca, a Toldo, Taglialatela, Manninger, Maneggini, Pazzagli, Ballotta, Zinetti, Buso, Adani, Malgioglio, Boschin, quando ero al Bologna. Poi alla Fiorentina Ferron, Sereni, Zenga, Casazza, Nuciari, Bistazzoni, Pagotto fra i blucerchiati».
Tu hai iniziato nel Vicenza, ma avevi un idolo fra i portieri di allora?
«Il mio idolo era Sentimenti IV. Fui lui a chiamarmi a Vicenza. Era il 1956, da allora iniziai la mia carriera calcistica».
Nel 1961 sei arrivato alla Samp.
«Inizialmente ero secondo di Rosin, poi venne allenatore Ocwirk e feci il setto di Sattolo. Nel ’66/’67 con Bernardini divenni titolare. E rimasi per undici anni».
Che anni furono?
«Bellissimi. Tempi duri, naturalmente. Colantuoni presidente non sempre aveva gli stipendi pronti, ma via, avevamo un grande entusiasmo. Erano tempi diversi: ad esempio allora un infortunio, ti rompevi e ti ingessavano e per la rieducazione erano affari tuoi. Oggi è tutto diverso».
Altre differenze?
«Allora le maglie andavano dall’uno all’undici. C’era la “bandiera” ed io ero una di queste per i tifosi. I cugini genoani erano amici, io mangiavo dal “Mentana” insieme a Massimo Giacomini, genoano. Fu il mio testimone di nozze».
È vero che saresti potuto andare in Nazionale se davanti non avessi avuto Zoff e Albertosi?
«Probabilmente sì. Ma non rimpiango nulla. Ho vinto anche una Coppa Italia col Bologna. E poi guadagnavo bene, non da ricco, ma dignitosamente».
Raccontami di Napoli, di «San Battara» al posto di «San Gennaro»...
«Ci furono e curiose scommesse con Ferlaino.

Insomma: io a Napoli paravo tutto. I napoletani non sapevano a che santo votarsi».
Hai allenato anche tuo figlio Massimo.
«Sì, per alcuni anni. Oggi è lui allenatore dei portieri con Mancini al Manchester. Tutta roba in famiglia».

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