Piero della Francesca è la prova eccellente

Un assassino quasi sempre lascia qualche traccia. È normale. Quel che è straordinario è che a rivelarne l’identità sia un grande pittore, il quale rende la sua testimonianza non con un verbale di polizia ma con un quadro di eccezionale bellezza. È il caso di Piero della Francesca e di uno dei suoi dipinti più famosi, la Flagellazione.
A guardare l’opera è chiaro che la vittima è il Cristo. Ma ci sono altre figure, su piani diversi, che offrono un rebus e nel contempo la sua soluzione. Piero della Francesca, insomma, racconta un omicidio avvenuto nella notte tra il 22 e il 23 luglio del 1444. La vittima è il giovane Oddantonio di Montefeltro, da poco Duca di Urbino. Il mandante è il fratellastro Federico, che gli succederà nel governo di una regione italiana considerata strategica, soprattutto dalla Chiesa di Roma.
È una sorta di «novella macabra» rinascimentale, rivelata da uno studioso tedesco, Bernd Roeck, autore di un testo che Bollati Boringhieri manderà in libreria ai primi di novembre, Piero della Francesca e l’assassino (pagg. 288, euro 22, traduzione di Caterina D’Amico). Roeck smonta con perizia e abbondanza di riferimenti pittorici e letterari le varie tesi che erano state formulate attorno all’enigma della Flagellazione.
Oddantonio, smidollato e sciupafemmine, esile e con i riccioli biondi, era l’erede legittimo di Guidantonio. Sua madre era una Colonna. Nell’aprile del 1443 ci fu la solenne «incoronazione» nel Duomo di Siena, dove arrivò anche il Papa per ordinarlo cavaliere di San Pietro. Poco dopo Oddantonio si fidanzò con Isotta, sorella di Leonello d’Este, marchese di Ferrara. Passò un anno e alcuni sicari armati sfondarono la porta del palazzo di Urbino e trucidarono il giovane assieme a due suoi consiglieri.
I cadaveri furono gettati dalla finestra. Il corpo di Oddantonio, colpito dai coltelli e da una scure, fu portato in piazza. L’ultima offesa fu quella di tagliargli il pene e infilarglielo in bocca. Un gesto che voleva indicarne la dissolutezza: molti sapevano che Oddantonio abusava di donne maritate e di ragazzine. Lo sapeva anche Enea Silvio Piccolomini, futuro Papa Pio II, che nei suoi Commentari fa cenno al macabro dettaglio. Ma apparve strano che alle prime luci dell’alba sotto le mura di Urbino c’erano già i soldati di Federico. Troppo presto per non sapere, troppo presto per escludere la sua responsabilità nel delitto. Comunque, Federico succede al fratello e, come prima cosa, addebita la strage al popolo, che mal sopportava le tasse imposte da Oddantonio. La versione ufficiale passa alla storia, ma si continuerà a mormorare che il mandante dell’assassinio era Federico.
Un anonimo cronista veronese scrisse che «Federico senza strepito corse la terra et hebbela». Anche Alfonso duca di Calabria affibbiò al suo parigrado marchigiano l’ignominioso appellativo di «secondo Caino». E la Chiesa? Esitò a lungo prima di conferire a Federico le insegne del potere. L’investitura avvenne solo nel 1474, guardacaso dopo trent’anni, periodo dopo il quale, secondo il diritto romano, le accuse cadevano in prescrizione.
È da escludere che sia stato proprio Federico a commissionare a Piero della Francesca la Flagellazione. Il pittore non poteva certo sbattergli in faccia un’accusa così pesante, sia pure descritta cripticamente. Ma Piero ben conosceva le malefatte di Federico, il quale pare avesse le mani in pasta anche nella congiura dei Pazzi a Firenze contro Lorenzo il Magnifico.
Roeck interpreta la Flagellazione scostandosi dalla tesi secondo cui il dipinto allude alla minaccia turca contro l’Europa cristiana. Tesi che trova appoggio nella figura dell’uomo con cappello alla greca o comunque all’orientale che guarda impassibile il Cristo flagellato. Lo studioso afferma che l’uomo con le mani in mano altri non è che Ponzio Pilato. E si rifà alla Legenda aurea di Jacopo da Varagine (un best seller di quei tempi) secondo cui Pilato uccise il fratellastro. Inoltre: in primo piano c’è un giovane biondo e scalzo. È «in camixa», tunica da letto.

Oddantonio venne sorpreso dagli assassini mentre indossava una lunga camicia rossa. La veste è rossa, e rosso è il simbolo del martirio. Il fatto che sia dipinto scalzo indica chiaramente che è un morto. Piero della Francesca immortalò così su tela la cronaca di un delitto.

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