A livello globale il network delle pipeline, le reti di tubi che trasportano gas e petrolio, stanno acquisendo una rilevanza strategica senza precedenti, con risvolti non secondari sulla sicurezza nazionale.
Pensiamo solo alla Russia che ha concluso, recentemente, un accordo trentennale con la Cina per la fornitura di 38 miliardi di metri cubi di gas all’anno, a partire dal 2018, a condizioni particolarmente vantaggiose. Un accordo che, al di là del mero computo economico, nasconde delle ricadute geopolitiche non secondarie su tutto il vasto continente eurasiatico. Oppure, pensiamo alle nuove tecniche di estrazione dello shale gas (gas metano estratto dalla frantumazione di rocce argillose nel sottosuolo) sviluppate dagli Stati Uniti per raggiungere l’indipendenza energetica e proporsi come competitor globale nell’esportazione di gas.
Ma anche la Turchia è decisa a giocare un ruolo di primo piano nel settore energetico. Secondo Togrul Ismayil, docente presso la facoltà di Relazioni internazionali della TOB University di Ankara ed analista del “Nodo di Gordio”, “la Turchia sta lavorando sodo per diversificare il più possibile le rotte di gas e petrolio che potrebbero attraversare il Paese, garantendo al contempo la propria sicurezza energetica”. “In questo senso – prosegue Ismayil – le recenti tensioni derivanti dalla crisi russo-ucraina, stanno rendendo più interessante anche per l’Ue il ruolo svolto dal progetto TANAP (Trans Anatolia Natural Gas Pipeline) come una via alternativa per la fornitura di gas naturale proveniente dall’Azerbaigian verso l'Europa”.
La Turchia, dunque, non vuole limitarsi ad essere un mero territorio di transito ma, grazie al rafforzamento dei rapporti tra Baku ed Ankara, considera il TANAP un progetto di valore strategico per la nazione. Il nuovo corso impresso dal governo Erdogan è quello di avviare un processo di progressivo consolidamento della propria posizione sui mercati energetici internazionali.
Le risorse del sottosuolo turche sono, infatti, insufficienti per colmare i consumi interni e la partecipazione ai progetti internazionali nel settore energetico si configura sempre di più come una questione di sicurezza nazionale. “La realizzazione del TANAP – conclude Togrul Ismayil – è solo un primo passo e, se le relazioni fra l’Azerbaigian e la Turchia miglioreranno, si apriranno ulteriori opportunità. Peraltro, l’autorizzazione concessa da Ankara alla Russia per il passaggio sul suo territorio del gasdotto South Stream è parte integrante di questa strategia”.
L’Italia, invece, vede sfumare velocemente le sue velleità di diventare uno hub del gas, a tutto vantaggio della vicina Croazia. Le resistenze interne contrarie alla creazione di nuovi rigassificatori rischiano, infatti, di rendere non più appetibile l’approdo in Puglia del progetto TAP (Trans Adriatic Pipeline), il gasdotto che dal Mar Caspio sarebbe in grado di portare fino a 10 miliardi di metri cubi di gas in Europa.
In un report pubblicato dall’ISPI sul contributo del progetto TAP all’economia italiana, l’analista Matteo Verda ricorda che “nonostante una crisi prolungata, nel 2013 l'Italia ha consumato circa 70 miliardi di metri cubi di gas, rimanendo il secondo mercato dell’Europa continentale, dopo la Germania”. Senza considerare le ricadute positive per il territorio in cui saranno costruite le infrastrutture pari a circa 80 milioni di euro all'anno. “Una volta operativo – sostiene Verda – il progetto TAP incrementerà la competizione tra gli operatori sui mercati finali, riducendo teoricamente anche i prezzi”.
Un’altra battuta d’arresto al gasdotto TAP è arrivata anche dalla francese Total e dalla tedesca E.On che si stanno sfilando dal progetto, indebolendone ulteriormente le possibilità di sviluppo.
L’Italia, tra le altre cose, rischia di essere tagliata fuori anche da South Stream, il gasdotto che lo zar Vladimir Putin definì non una semplice pipeline ma “un’impresa geopolitica epocale”. Aggirando le terre
538em;">ucraine, infatti, il gasdotto South Stream raggiungerà il cuore dell’Europa. In Austria però, non in Italia.* Daniele Lazzeri, Chairman del think tank “Il Nodo di Gordio”
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