Bacchettato. Pubblicamente bacchettato, per il suo «eccessivo presenzialismo». O almeno per quello che il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, ritiene tale. Roberto Saviano, l'autore di Gomorra, torna in tv (è stato ospite di Fazio, ieri sera su Rai tre a Che tempo che fa) e il giudice antimafia la prende non propriamente bene, parafrasando Sciascia: «Saviano non sia un professionista dell'anticamorra».
Che cosa ha fatto e che cosa sta facendo il giovane scrittore napoletano di così inopportuno? A prima vista si direbbe nulla. Nulla di particolarmente grave, perlomeno. Anche perché, vivendo sotto scorta al 13 ottobre 2006, per ciò che ha raccontato nel suo best seller da due milioni di copie, non può certo permettersi il lusso di muoversi dove vuole e come vuole. Ieri sera con Fazio si è soffermato sulla forza della parola scritta, sul pericolo di certe parole e sulla paura che inevitabilmente certe parole innescano. Mentre domenica scorsa, a sorpresa, si è presentato a Napoli per la «Giornata della memoria» durante la lettura dei nomi delle vittime di mafie dall'800 ad oggi, e anche lui si è messo a ricordare nomi e ad elencare le ultime vittime innocenti.
Ecco questo ha fatto, almeno di recente Saviano. Si può dire che stia esagerando? Parliamone. Magari con un certo distacco, se possibile. Anche se il pm Ingroia non sembra aver avuto tentennamenti nell'esprimere il suo giudizio al riguardo nell'intervista concessa a «KlausCondicio» e proposta da Youtube. «È opportuno utilizzare i media per poter lanciare messaggi positivi soprattutto ai giovani. Ma non bisogna - ha puntualizzato Ingroia - apparire come coloro che vogliono fare professionismo. Saviano ha dimostrato di essere bravo e intelligente. Immagino che riuscirà ad avere un livello di consapevolezza tale da poter rilanciare d'ora in avanti la sua immagine. Anche icone estremamente positive come la sua - ha aggiunto - sono oggetto delle regole mediatiche. Anche quelle icone possono essere consumate dal sistema mediatico. La nostra è un'epoca dominata dai media e, inevitabilmente, ciascuno di noi, chi più chi meno, malgrado le proprie scelte, finisce per diventare un personaggio mediatico e rimanere prigioniero di quell'icona che viene diffusa. Credo che il caso di Saviano sia questo, dopodiché tocca alle nostre capacità riuscire a liberarci dal personaggio che ci viene appiccicato addosso oppure approfittarne senza, però, usurarsi dentro quell'immagine».
Un bel fervorino. Arrivato, giusto per parlarne sempre con distacco, da un magistrato in prima linea che, se è vero che nella stessa intervista bacchetta anche Formigoni e la Moratti («nessuno dei due ha mai sentito l'esigenza di contattarci per capire meglio i processi di penetrazione della mafia e dei suoi interessi nel sistema economico del nord approfittando dell'Expo» ) a sua volta non disdegna i riflettori e nemmeno difetta di presenzialismo.
Questa sera per esempio Ingroia sarà a Piacenza, in occasione della XIV «Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime di tutte le mafie», a parlare alla Camera del Lavoro. Dieci giorni fa in Sicilia, davanti a giornalisti e tv, il magistrato antimafia ha detto la sua anche sulle ronde nella sala gialla di Palazzo dei Normanni, durante il convegno «Sicuri e liberi» , organizzato dalla Cgil siciliana, mentre un paio di settimane fa, è intervenuto alla presentazione alla stampa e al pubblico del libro «Colletti sporchi», scritto dal suo collega romano Luca Tescaroli distillando anche frasi pesanti come la seguente: «Nella sua storia il nostro Paese è stato condizionato dallo stragismo e dai delitti politici.
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