Idrogeno in pausa di riflessione. Troppo caro e poco "green"

Costoso, complesso e nemmeno troppo carbon free. L'idrogeno potrebbe rivelarsi una delle più grandi infatuazioni del mondo green

Idrogeno in pausa di riflessione. Troppo caro e poco "green"
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Costoso, complesso e nemmeno troppo carbon free. L'idrogeno potrebbe rivelarsi una delle più grandi infatuazioni del mondo green. D'altra parte, come affermato dalla IEA (International Energy Agency) nel 2019, siamo già alla quarta ondata di entusiasmo per questa fonte di energia alternativa. In campo tecnologico si tratta di uno hype, ovvero un ciclo di aspettative in forte aumento seguito da disillusioni rispetto a una tecnologia. Una situazione che si realizza di solito nelle fasi energetiche più critiche.

E infatti i numeri del recente studio Ambrosetti parlano chiaro: con l'idrogeno si potrebbe avere un taglio delle emissioni di Co2 del 28% entro il 2050, generare un valore cumulato della produzione compreso tra 890 e 1.500 miliardi di euro e tra 320.000 e 540.000 nuovi posti di lavoro. Ma nonostante queste aspettative, in Italia sono stati sviluppati solo 13 progetti per l'idrogeno. Perché?

I costi sono elevati (si pensi ai costi dell'elettrolisi) e la filiera è complessa (creazione di infrastrutture ad hoc e/o incertezza sulle possibilità di miscelazione con il gas naturale nelle infrastrutture esistenti) ma, soprattutto, la produzione di idrogeno, anche quando supposta green (abbinata alle fonti rinnovabili con mercati virtuali, vale a dire con garanzie di origine), non è detto che sia carbon free, racconta al Giornale Francesco Gulli, professore associato di Economia dell'energia ed economia ambientale presso l'Università Bocconi di Milano, e vice-direttore dell'Istituto di Economia e Politica dell'Energia e dell'Ambiente.

Questo è un aspetto delicato e complesso, spiega. Se per produrre idrogeno si preleva energia dalla rete elettrica centralizzata quando il parco di generazione elettrica non è ancora completamente decarbonizzato, l'idrogeno (che attiva una domanda addizionale di elettricità) non è pulito anche se può contare sull'acquisto di garanzie di origine da fonti rinnovabili carbon free. Perciò, fin tanto che il parco di generazione elettrica non è completamente (o quasi) decarbonizzato, la fornitura da idrogeno non lo è. A meno che, ovviamente, non si parli delle cosiddette hydrogen valley dove si costruiscono impianti rinnovabili che, non avendo possibilità di diretta connessione alla rete elettricacentralizzata, sono direttamente dedicate alla produzione di idrogeno. Il dubbio però in questo caso è il loro sviluppo. Quante se ne possono fare ed è giustificato farle? si chiede Gulli.

Ecco spiegato il forte ritardo nello sviluppo di questa tecnologia che doveva essere una delle sperimentazioni più ambiziose del Pnrr e invece è presente solo in 35 proposte per la metà dei fondi stanziati.

D'altra parte soggetti come Iren, Eni, Enel, Hera, Snam, stanno sviluppando questa tecnologia. Ma in generale siamo ancora in una fase di test. La stessa Snam guidata da Stefano Venier, ad esempio, sta immettendo idrogeno nei gasdotti italiani e negli stoccaggi. L'obiettivo è immetterne una quota del 20 per cento in una miscela "ibrida" assieme al gas naturale. Ma è un progetto che per forza di cose prosegue a tappe, per verificarne tutti i requisiti tecnici. Snam tuttavia non produce, ma trasporta l'idrogeno facendo da abilitatore, come spiega al Giornale Piero Ercoli Senior Vice Presidente Decarbonization Projects di Snam secondo cui attraverso il progetto South2 Corridor, la società si è fatta promotrice dello sviluppo di uno dei corridoi strategici dell'idrogeno con un consorzio che integra più di 20 società e mira a servire in prima battuta Italia, Germania Austria. Tale progetto è stato al centro del dibattito avvenuto di recente tra la premier Meloni ed il cancelliere Scholz e avrà sviluppi futuri.

Nonostante la buona volontà delle parti, in molti casi siamo però ancora in una fase di test e si fatica a sviluppare una vera filiera di settore. Aspetto quest'ultimo auspicato dal think thank Ambrosetti.

Ciò che serve nell'immediato futuro - , commenta Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House Ambrosetti - è definire una visione di policy a lungo termine che coniughi la visione industriale con gli obiettivi di sostenibilità secondo un principio di neutralità tecnologica. Il ruolo guida deve essere affidato a un apparato di governance che collabori con le istituzioni italiane del settore per la realizzazione, il monitoraggio e l'aggiornamento della strategia nazionale dell'idrogeno.

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