In una Washington disfunzionale in cui lo scontro politico è spesso al calor bianco questa settimana gli americani hanno assistito ad un evento che ha dell'incredibile. Al Senato è passata infatti all’unanimità una risoluzione proposta dal senatore democratico della West Viriginia Joe Manchin insieme al suo collega repubblicano dello Utah Mitt Romney. Oggetto delle larghe intese? Il ribaltamento della decisione comunicata appena pochi giorni fa dal leader della maggioranza, Chuck Schumer, il quale aveva stabilito che i membri della Camera alta al Congresso avrebbero potuto scegliere in totale libertà l’abbigliamento da indossare in aula.
Una vittoria controrivoluzionaria che ha unito in un’occasione più unica che rara il partito democratico e quello repubblicano all’insegna di una causa comune. La risoluzione impone un dress code formale che per l’uomo prevede pantaloni, giacca e cravatta ma si astiene dallo stabilire disposizioni per scarpe e cappelli oltre ad un codice preciso per le senatrici. Anche Schumer, che in precedenza aveva dichiarato che avrebbe continuato a vestirsi in maniera consona per un pubblico ufficio, ha salutato l’approvazione del provvedimento riconoscendo la necessità di stabilire regole valide per tutti.
L’iniziativa del leader democratico al Senato in favore di un “rilassamento” del modo di vestirsi era scaturita dallo stile sfoggiato da John Fetterman, il senatore della Pennsylvania appartenente al partito dell’asinello. Il politico “ribelle”, eletto a novembre scorso dopo aver battuto il dottor Oz, il suo rivale repubblicano nonché famoso cardiochirurgo televisivo, era diventato famoso per indossare spesso felpe e pantaloncini. Il “gigante tatuato” - è alto due metri - ha portato anche al centro dell’attenzione nazionale il tema della salute mentale essendo stato ricoverato di recente per depressione.
Fetterman non era comunque un caso isolato al Congresso. Ted Cruz, rappresentante del Texas, in passato si è presentato in aula in tenuta da palestra e Kyrsten Sinema ha presieduto una sessione di lavori in un vestito di jeans più adatto ad un rodeo che ad un parlamento. L’ex senatore della North Carolina Richard M. Burr era invece solito presentarsi in infradito e bermuda. Pur essendo questi esempi relativi a politici repubblicani, la decisione di Schumer aveva provocato una rivolta più accesa proprio nel partito dell’elefante. Infatti, 46 esponenti del Gop avevano firmato una lettera di condanna in cui denunciavano una “mancanza di rispetto per l’istituzione”.
La protesta aveva fatto discutere una parte della società americana raccogliendo persino gli endorsement del New York Times e del Washington Post e aveva rappresentato una distrazione quasi piacevole dal clima tossico che si respira ormai nel tempio della democrazia americana. Una situazione che ha potuto toccare con mano Volodymyr Zelensky il quale la scorsa settimana nel corso della sua visita a Washington si è visto negare un intervento in seduta congiunta del parlamento a causa del crescente peso della fronda isolazionista tra i repubblicani vicini a Donald Trump.
Ad ogni modo a suggellare definitivamente la conclusione del dressgate dopo il voto al Senato è arrivato il commento di Mitt Romney, uno dei due firmatari del testo approvato.
Il senatore, riconoscendo che la questione non è la priorità per il Congresso – un'allusione alle beghe sull’impeachment nei confronti del presidente Biden e sul possibile imminente shutdown del governo Usa - ha dichiarato che nonostante tutto è stato bello veder lavorare insieme democratici e repubblicani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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