Corsa alla Casa Bianca: cosa dicono i sondaggi

I sondaggi mostrano un sostanziale stallo tra Harris e Trump sia a livello nazionale che negli Stati in bilico. Ma è davvero così?

Corsa alla Casa Bianca: cosa dicono i sondaggi

Consultare i sondaggi nelle settimane che precedono le elezioni presidenziali americane può lasciare un profondo senso di frustrazione. Infatti l’indice di gradimento espresso dagli elettori nei confronti dei due candidati alla Casa Bianca, Kamala Harris per il partito democratico e Donald Trump per il partito repubblicano, lascia emergere una situazione di stallo alla messicana sia a livello nazionale che nei singoli Stati in bilico. La distanza che separa i due sfidanti, quando c'è, è quasi sempre ridotta al lumicino e all'interno del margine di errore.

Ma quanto sono attendibili questi sondaggi? In fondo, ricorda il Wall Street Journal, erano sbagliati nel 2016 quando davano Hillary Clinton per favorita e lo erano anche nel 2020 quando mostravano l’avanzata di Joe Biden sottostimando però il sostegno di cui ancora godeva Trump allora alla sua seconda competizione presidenziale. Se quanto visto quattro anni fa si dovesse verificare di nuovo, per il quotidiano economico il tycoon potrebbe ritrovarsi il 5 novembre con un vantaggio su Harris ben superiore a quello riscontrato sino ad ora.

Negli ultimi anni l’industria del settore ha apportato molti cambiamenti nelle modalità adoperate per raggiungere gli elettori e in effetti le rilevazioni statistiche effettuate in occasione delle elezioni di midterm del 2022 si sono rivelate decisamente più accurate. Anche una certa "timidezza" dei simpatizzanti repubblicani contattati nel dichiarare la loro preferenza per Trump sembra ormai svanita e ciò dovrebbe contribuire a rendere più veritieri i risultati dei sondaggi.

Al netto dell’esaurimento dell’entusiasmo suscitato da Harris dopo il ritiro di Biden e considerate le continue esternazioni divisive rilasciate dal miliardario, ci si sarebbe però aspettato che la campagna dei democratici prendesse il volo. Invece la miriade di sondaggi realizzati sin qui continua a mostrare il pareggio tra la vicepresidente e il tycoon. Una conclusione, commenta con una punta d'ironia il Financial Times, che si sarebbe potuta raggiungere anche senza effettuare questa mole impressionante di rilevazioni.

Il vicedirettore del Post Francesco Costa fornisce un'interessante chiave di lettura rispetto al pareggio presentato da molti sondaggi affermando nella sua newsletter che quando la situazione è incerta i sondaggisti tendono a voler limitare i rischi e producono risultati simili tra loro”. Prova invece a sbilanciarsi nelle previsioni Nate Silver, noto analista della politica statunitense, il quale ammette che il suo istinto gli dice che a vincere sarà Trump, salvo poi precisare ai suoi lettori di non fidarsi dell’istinto di nessuno e di rassegnarsi al fatto che “una situazione 50-50 è davvero una situazione 50-50".

Un vecchio adagio noto agli addetti ai lavori sostiene che l’unico sondaggio che conta è quello che avviene il giorno delle elezioni. Premesso ciò e ricordata la bonaccia che caratterizza quest’ultima fase della campagna elettorale per le presidenziali Usa, conviene comunque dare un’occhiata più da vicino a quello che le rilevazioni dicono, o non dicono. Con la consapevolezza che il 5 novembre potrebbe regalare delle sorprese inattese.

I sondaggi a livello nazionale

Precisiamo che per il sistema elettorale americano diventa presidente non chi ottiene più voti a livello nazionale ma chi conquista la maggioranza del collegio elettorale composto da 538 grandi elettori. Ad ogni Stato è associato un numero preciso di grandi elettori e ciò rende la corsa alla Casa Bianca una lotta sino all’ultimo voto negli Stati in bilico.

Volendo per il momento analizzare la situazione a livello nazionale, sono ben dieci i sondaggi riportati dal sito 270towin nel periodo compreso tra il 29 e il 31 ottobre. Quello condotto da Economist/YouGov vede Harris in vantaggio col 49% contro il 47% di Trump. Anche altre sette rilevazioni mostrano la contendente democratica avanti tra uno e quattro punti percentuali mentre per TIPP Insights i due sfidanti i sono entrambi fermi al 48%. Solo per AtlasIntel The Donald sarebbe avanti di due punti.

Qualche indicazione in più arriva dal sondaggio realizzato pochi giorni fa dal New York Times/Siena College. Tale studio evidenzia il pareggio dei consensi tra Harris e Trump ma mostra anche una riduzione dello svantaggio dell’ex procuratrice della California rispetto a quale dei due rivali sia considerato più competente in materia di economia, un tema al primo posto tra le priorità degli statunitensi. Se sempre secondo il quotidiano di New York il 15% degli intervistati non avrebbe ancora deciso per chi votare, lasciando così alla candidata dem qualche margine di manovra, sullo sfondo aleggia però una voglia di cambiamento radicale. Solo il 28% degli intervistati ritiene infatti che il Paese stia andando nella giusta direzione. Una valutazione che non gioca a favore del partito che ha governato negli ultimi quattro anni.

Arizona

I sondaggi disponibili sino al 31 ottobre per il Grand Canyon State mostrano come Trump sia in vantaggio su Harris per Redfield & Wilton di due punti percentuali (49-47), per AtlasIntel di quattro punti (51-47) e per Data Orbital addirittura di otto punti (50-42). Per Raba Research e Cnn Harris sarebbe invece in vantaggio rispettivamente di due punti (45-43) e di un punto (48-47). L'aggregatore dei dati analizzati dal Washington Post mostra in media Trump avanti di due punti.

Georgia

Nel Peach State il tycoon è in vantaggio sulla vice di Biden di un punto percentuale per Redfield & Wilton (48-47), di tre per AtlasIntel (51-48) e di due per Trafalgar Group (48-46). Anche per l'aggregatore del Washington Post il repubblicano è avanti in media di due punti mentre la fotografia scattata da Marist Poll evidenzia uno stallo per entrambi i candidati (49-49).

Michigan

Il Great Lake State sembra essere quello in cui Harris potrebbe avere buone speranze di farcela. La democratica stacca l’ex presidente di quattro punti percentuali per UMass Lowell (49-45) e di cinque per la Cnn (48-43). Il vantaggio per la vicepresidente si riduce ad un solo punto per il Washington Post (47-46) - l'aggregatore del quotidiano della capitale Usa riporta però un + 2 per la dem - e si azzera per Fox News (49-49) e per Suffolk University (47-47).

Nevada

Nel Silver State il quadro si fa più incerto. I due contendenti sono alla pari per Redfield & Wilton (47-47) e per Trafalgar Group (48-48). Trump è avanti di un punto sia per AtlasIntel (49-48) che per la Cnn (48-47). Per l'aggregatore del Washington Post l'ex procuratrice della California avrebbe comunque in media un vantaggio, seppur fragilissimo, inferiore al punto percentuale.

North Carolina

Non va meglio per Harris nell’Old North State. Qui l’ex presidente è avanti di tre punti percentuali per Trafalgar Group (49-46), di due punti per UMass Lowell (47-45) e per Redfield & Wilton (48-46) e di un punto per Fox News (50-49) e per l'aggregatore del Washington Post. L'esponente dem risulta avanti di un punto per AtlasIntel (49-48) e alla pari con il rivale per SurveyUsa (47-47) e Elon University (46-46).

Pennsylvania

In quello che è lo stato in bilico più importante la vicepresidente è avanti a Trump di un punto percentuale per UMass Lowell (48-47), un vantaggio che si riduce a meno di un punto per la media dei sondaggi analizzati dal Washington Post. Per Fox News invece il tycoon è in leggero vantaggio sull'avversaria (50-49) mentre i due contendenti sono alla pari per la Cnn (48-48) e Cbs/YouGov (49-49).

Wisconsin

Nel Badger State Harris è avanti di sei punti per la Cnn (51-45), di due punti per Redfield & Wilton (49-47) e di un punto per Marquette Law School (50-49). La media del Washington Post assegna un + 2 alla democratica. Trump supera la sfidante di un punto solo per InsiderAdvantage (49-48) e per Suffolk University (48-47).

Insomma, scorrendo la carrellata dei sondaggi sia a livello nazionale che degli Stati in bilico appare evidente come la corsa per la Casa Bianca sia davvero

appesa ad un filo. Ancora una volta, dunque, è molto probabile che siano un pugno di voti negli swing state a decidere l'esito delle elezioni e la direzione dell'America nei prossimi quattro anni. O forse più.

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