Per un pugno di voti: le elezioni Usa si decidono in 7 Stati

Ancora una volta la corsa alla Casa Bianca si giocherà in pochi Stati in bilico e sul filo del rasoio

Per un pugno di voti: le elezioni Usa si decidono in 7 Stati

Le elezioni più contese della storia recente americana si avviano ormai allo sprint finale. Decine di milioni di elettori sono attesi alle urne il 5 novembre per scegliere a chi affidare il timone degli Stati Uniti per i prossimi quattro anni. La posta in gioco non è mai stata così alta, sebbene lo si dica ad ogni occasione, e la mobilitazione dei cittadini in tutto il Paese è già fortissima. Oltre 38 milioni di statunitensi hanno già votato in anticipo in presenza o per corrispondenza consapevoli che in base al sistema elettorale Usa non conta chi accumula più voti a livello nazionale ma chi conquista la maggioranza del collegio elettorale composto da 538 grandi elettori. Ad ognuno dei 50 Stati più il distretto di Columbia viene infatti assegnato un numero preciso di voti elettorali e diventa presidente chi ne ottiene di più raggiungendo il numero magico di 270 grandi elettori.

La competizione politica verrà definita in una manciata di Stati in bilico nei quali si concentrano da mesi le campagne dei due aspiranti alla Casa Bianca: Donald Trump e Kamala Harris. Sette sono in particolare gli swing state da non perdere d’occhio. Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, North Carolina, Pennsylvania e Wisconsin. Gli stessi in cui già nel 2020 si registrò una corsa decisa al fotofinish tra Trump e Joe Biden. Questi battleground state assegnano in tutto 93 grandi elettori e anche un'oscillazione di poche migliaia di voti può fare la differenza. Tre appartengono alla Rust Belt – Michigan, Pennsylvania e Wisconsin – e rappresentano il blue wall che la candidata democratica non può permettersi di perdere come invece accadde ad Hillary Clinton nel 2016. Gli altri quattro – Arizona, Georgia, Nevada e North Carolina – fanno parte della Sun Belt e potrebbero forse aiutare Harris in caso di crollo al nord.

Le campagne dei due sfidanti e i comitati affiliati ad esse hanno speso centinaia di milioni di dollari in pubblicità negli swing state. Colletti blu, afroamericani, Latinos, araboamericani e indipendenti. Queste sono solo alcune delle categorie di elettori bersagliate dalla valanga di spot. Nonostante l'impegno economico profuso, i principali sondaggi continuano però a mostrare un testa a testa tra Harris e Trump. D’altra parte, per definizione, gli Stati in bilico sono imprevedibili. Il motivo affonda proprio nelle diverse tipologie di elettorato che li compongono. Andiamo dunque ad approfondire la situazione Stato per Stato.

Arizona

Il Grand Canyon State è stato vinto da Trump nel 2016 con uno stacco di quattro punti percentuali rispetto alla rivale Clinton. Quattro anni dopo Biden è riuscito a riconquistarlo con un risicato margine di appena 0.3 punti percentuali.

Un elettore su quattro in Arizona, l’unico degli swing state che confina con il Messico, è ispanico e temi come l’immigrazione, l’economia e l’aborto sono molto sentiti dalla popolazione locale. Trump appare in vantaggio rispetto ad Harris grazie al sostegno dei Latinos. Dal canto loro, i democratici sperano di conquistare gli 11 voti elettorali in palio cercando di stimolare l’affluenza alle urne e l'attenzione per un altro voto previsto il 5 novembre nel Grand Canyon State: quello che deciderà sull'eventuale inserimento del diritto all’interruzione di gravidanza nella Costituzione dello Stato.

Georgia

Anche nel Peach State Biden nel 2020 ha vinto per una manciata di voti, appena 13mila, e Trump, che nel 2016 aveva superato Clinton di 5 punti percentuali, ha cercato di ribaltare l’esito del voto esercitando pressioni sulle autorità locali. Per tali fatti il tycoon è stato incriminato ed è attualmente in attesa di processo.

Se i democratici vogliono ripetere il miracolo di quattro anni fa e conquistare i 16 grandi elettori della Georgia devono mobilitare comunità rurali, giovani e afroamericani. Questi ultimi sembrano però essere tentati dalle sirene di Trump. Infatti, gli uomini appartenenti a tale constituency sarebbero restii ad eleggere una donna come presidente degli Stati Uniti. Gli appelli al voto fatti nelle ultime settimane da Barack Obama cercano di far superare questa riserva.

Michigan

Gli elettori del Great Lakes State hanno premiato Trump nel 2016 scatenando un terremoto per il partito dell’asinello, il quale sin dal 1992 ha inflitto sconfitte ai repubblicani nello Stato. Nel 2020 Biden ha poi strappato il Michigan con un solido +2,8% sull’avversario.

In questo swing state che assegna 15 grandi elettori fondamentale è il voto dei cittadini bianchi, dei non laureati, della classe media e del ceto operaio travolti dai cambiamenti che hanno sconvolto il mondo del lavoro. Alla rilevanza di questi elettori si aggiunge poi quella della comunità di origine araba che si sta allontanando dal partito democratico a causa delle non sufficienti critiche rivolte al governo israeliano da Biden e da Harris durante la crisi, peraltro ancora in corso, in Medio Oriente. Uno degli elementi su cui sta cercando di fare presa la candidata dem è l’orgoglio degli abitanti di Detroit, città bollata da Trump come fuori controllo per gli alti tassi di criminalità.

Nevada

In questo battleground state un terzo degli elettori si definisce indipendente. Il partito democratico non ha comunque avuto problemi a vincere qui nelle ultime tornate elettorali ma lo fa con margini sempre più ristretti. Centrale per entrambe le campagne è il voto dei Latinos, il 20% del totale.

Inflazione e costo delle case in aumento, un problema che affligge tutti gli Stati in bilico, sono le preoccupazioni principali dei residenti nel Silver State. Il tasso di disoccupazione, al 5,5%, è il più alto degli Stati Uniti. Entrambi i candidati hanno promesso di eliminare la tassa sulle mance per tentare i dipendenti del settore del turismo. Un forte e convincente messaggio economico sembra essere la vera carta vincente per conquistare il Nevada e i suoi sei grandi elettori.

North Carolina

È dal 2012 che i repubblicani vincono nell’Old North State ma quest’anno il Gop appare più in difficoltà. Il North Carolina è lo Stato tra i più devastati dall’uragano Helene - 23 delle 25 contee colpite dalla calamità votano per il partito dell’elefante - e Trump teme che ciò possa spingere verso il basso l’affluenza alle urne. Inoltre, Mark Robinson, il candidato repubblicano alla carica di governatore, è stato coinvolto in uno scandalo dopo che i media Usa hanno rivelato alcune sue dichiarazioni compromettenti. Una fra tutte quella in cui si è definito un “nazista nero”.

Harris è consapevole che nel North Carolina i democratici hanno vinto solo due volte negli ultimi decenni – con Jimmy Carter nel 1976 e con Obama nel 2008 – ma sta cercando di mobilitare gli elettori di colore e le donne delle principali comunità urbane. Se la vice di Biden riuscirà a sfondare nello Stato della Sun Belt potrebbe essere, a prescindere dal risultato generale, un buon segno per il partito democratico.

Pennsylvania

È il più importante degli Stati in bilico. Non c’è scenario realistico che preveda una vittoria di Harris senza la conquista del Keystone State e dei suoi 19 grandi elettori, il bottino più grande di tutti gli swing state. “Se vinciamo in Pennsylvania vinciamo tutto”, ha affermato Trump che qui nel 2016 ha vinto per meno di un punto percentuale per poi perdere quasi della stessa misura nel 2020.

La Pennsylvania è un microcosmo perfetto dell’elettorato moderno degli Stati Uniti. Le città blu di Philadelphia e Pittsburgh si trovano agli estremi opposti dello Stato. In mezzo sorgono comunità devastate dal declino dell’industria siderurgica e considerate un bacino perfetto per il candidato repubblicano. Convincere i cittadini “dimenticati” e mantenere coeso il fronte composto da afroamericani, asiatici e Latinos appare al momento come un’impresa tutta in salita per Harris.

Wisconsin

Sia Trump che Biden hanno vinto nel Badger State rispettivamente nel 2016 e nel 2020 ed entrambi per meno di un punto percentuale. Il Wisconsin è in generale caratterizzato dalla forte presenza di un elettorato meno variegato rispetto agli altri e i repubblicani intendono infliggere qui un colpo al blue wall degli avversari. Non è un caso che la convention nazionale del Gop si sia svolta a Milwaukee.

Per spuntarla sullo sfidante i dem devono mobilitare gli elettori delle comunità urbane senza trascurare quelli delle aree suburbane e delle campagne.

Spetterà ai residenti nello Stato decidere se rispondere all’appello per la difesa dei diritti riproduttivi e all’allarme per la democrazia lanciati da Harris proprio nei comizi nel Badger State oppure se dare una seconda chance alle ricette economiche di Trump e alla sua promessa di risolvere il problema dell’immigrazione rendendo, come recita il suo slogan, di nuovo grande l’America. Qualunque cosa ciò voglia dire.

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