Nell'ottobre del 1940 Joseph P. Kennedy, il papà del futuro presidente JFK, era ambasciatore americano in Gran Bretagna. Dando ormai per scontata la sconfitta di Londra contro i nazisti diede le dimissioni, tornò in patria e iniziò a sostenere il più rigoroso isolazionismo: «La democrazia in Inghilterra è finita, se ci lasciamo coinvolgere potrebbe presto finire anche da noi».
Donald Trump non è certo il primo politico Usa a voler lasciare a se stessi quegli ingrati di europei. È il primo, però, a farlo con un piede dentro la Casa Bianca. Ed è il primo a farlo negli ultimi 75 anni, e cioè da quando la Nato è stata fondata (l'anniversario verrà festeggiato in un vertice che si volgerà in luglio, con qualche ironia, proprio a Washington).
Le sue prese di posizioni non sono nuove. Già durante il suo (primo?) mandato si rifiutò di dire se avrebbe rispettato l'articolo 5 dell'Alleanza, che obbliga gli aderenti a intervenire di fronte all'aggressione di uno tra loro. In qualche occasione dichiarò che dalla Nato sarebbe uscito volentieri. Oggi, però, la minaccia è molto più grave.
Allora, catapultato a Washington con un voto a sorpresa, finì per circondarsi di rappresentanti del tradizionale establishment repubblicano (dal segretario alla Difesa, il generale Jim Mattis, al consigliere per la sicurezza John Bolton) che finirono per frenare i suoi bollenti spiriti. Ora tutti giurano (a cominciare da lui stesso) che per l'eventuale ritorno alla Casa Bianca sceglierà un manipolo di «veri patrioti», decisi a tutto, che non ostacoleranno i suoi propositi.
Non solo. Fino a poco più di due anni fa il dibattito su una Nato senza Stati Uniti aveva le caratteristiche di una discussione tra il teorico e l'ipotetico. Dal 24 febbraio 2022, giorno dell'attacco a Kiev, non è più così. Solo qualche settimane fa il premier danese Troels Lund Poulsen ha dichiarato di aspettarsi che la Russia attaccherà un Paese dell'Alleanza in un arco di tempo che va dai 3 ai 5 anni. «Questo non era il pensiero della Nato nel 2023», ha aggiunto. «Ci basiamo su informazioni nuove».
Il primo scenario di un disimpegno Usa dall'alleanza riguarda, come ovvio l'Ucraina, che difficilmente sarebbe in grado di sostenere l'assalto russo senza le armi americane. Se si parla di aiuti civili l'Europa ha fatto la sua parte. Secondo i dati del Kiel Institute for World Economy le istutizioni europee hanno versato alla fine dell'ottobre scorso 77,1 miliardi di dollari a cui si aggiungono i contributi dei singoli Paesi, contro i 25 miliardi degli Stati Uniti. Se però si passa alle armi il discorso si capovolge. Gli Usa hanno contribuito per 44 miliardi, in confronto ai 17 della Germania, i 6,5 della Gran Bretagna e i 5,6 della Ue. Washington ha consegnato armamenti per un valore poco meno che doppio di tutti gli altri.
In ballo ci sono circa 100 miliardi di dollari, la differenza tra i 350 miliardi che i Paesi dell'alleanza (Usa esclusi) spendono per la difesa oggi e i 450 che dovrebbero spendere se rispettassero la regola (che loro stessi si sono dati) del 2% in rapporto al Pil. Ma non è solo questione di soldi: il problema è di capacità produttive.
E peggio: di deterrenza nucleare, di competenze tecnologiche (dalla geolocalizzazione al cloud computing). Anche facendo impennare i finanziamenti senza gli Usa, almeno per qualche anno, l'Europa non potrà improvvisarsi colosso militare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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