Con Donald hanno vinto i valori occidentali

Trump da anni ha ben chiare le mire della Cina e i pericoli che queste condensano. La sua vittoria elettorale ha costituito anche la vittoria di quei valori distintivi dell'Occidente che nelle nostre timorose società sono stati abbandonati per lasciare spazio al pensiero debole impregnato di sensi di colpa e scarso orgoglio

Con Donald hanno vinto i valori occidentali

Dopo aver rovinosamente fallito ogni previsione sulle elezioni americane, senza alcuna autocritica i nostri «guru», forti delle loro verità assolute, hanno dimenticato la fake del «testa a testa» e sono ripartiti alla carica questa volta rappresentando la squadra dell'amministrazione che Trump sta formando come un'accozzaglia di incompetenti se non addirittura di persone pericolose. L'operazione è molto semplice: prendere i curricula dei candidati, vivisezionare gli stessi isolando qualche aspetto potenzialmente critico su cui costruire una narrazione negativa e omettere del tutto gli aspetti positivi del personaggio in esame.

Marco Rubio è stato indicato come segretario di Stato, il delicato ruolo di guida del Dipartimento di Stato, che è stato di Thomas Jefferson, James Madison, James Monroe e John Quincy Adams, e in epoche più recenti di Henry Kissinger, George P. Schultz, Madeleine Albright, Condoleezza Rice, e con risultati poco brillanti anche di Hillary Clinton. Rubio è cattolico, senatore della Florida, eletto non ancora quarantenne nel 2010, figlio di esuli cubani, di origini umili, come molti esponenti della stagione di Trump. Il padre era un barista e la madre donna delle pulizie, è stato anche candidato alle primarie nel 2016 in concorrenza con Donald Trump. La sua è una storia tipica dell'America del riscatto e delle opportunità. Sostiene Trump con convinzione ma è un repubblicano classico, radicato in un forte anticomunismo che gli proviene dalla famiglia, assertore di politiche più dure nei confronti di Cuba e del Venezuela. Con lui al Dipartimento di Stato tornerebbe una caratterizzazione politica, dopo l'epoca molto burocratica di Antony Blinken.

Michael Waltz è stato indicato come Consigliere per la Sicurezza nazionale, è un ex berretto verde, decorato con quattro stelle di bronzo, di cui due per valore, ancora in servizio come colonnello della Guardia Nazionale, deputato, rieletto per più mandati, succeduto al governatore Ron DeSantis come rappresentante del sesto distretto della Florida. Da militare ha operato in Afghanistan, Medioriente e Africa. È stato anche al Pentagono come consulente quando a guidare la Difesa erano Donald Rumsfeld e Robert Gates. Lo accusano di essere un suprematista solo perché è un fiero oppositore dell'ideologia woke. Waltz, nel 2023, è stato il promotore della legislazione che autorizza il presidente degli Stati Uniti a usare la forza militare anche contro i cartelli della droga messicani. Ma fu estremamente critico verso Biden per il precipitoso ritiro dall'Afghanistan.

Rubio e Waltz sono accomunati dalla denuncia della Cina e delle sue politiche, non solo l'aggressività economica ma ora anche l'espansionismo geopolitico su cui Pechino si muove. «Rubio è stato tra i senatori più schietti sulla necessità per gli Stati Uniti di diventare più aggressivi nei confronti della Cina», ha scritto il New York Times. È interessante notare che ora le sue posizioni sulla Cina sono condivise non solo dai repubblicani ma anche da buona parte dei democratici. L'Economist ha titolato: «Mike Waltz vuole che l'America si concentri sulla minaccia cinese».

La Cina è il vero antagonista dell'Occidente, in termini economici e di valori. Xi Jinping è probabilmente l'uomo più potente del pianeta. In lui si accentra la triade di potere di una delle nazioni più popolate al mondo, oltre un miliardo e trecento milioni di individui. È, allo stesso tempo, presidente della Repubblica Popolare della Cina, segretario del Partito comunista cinese e, soprattutto, capo della Commissione militare, vero scettro

del potere. Questa concentrazione fu possibile solo a Mao Zedong che, però, governò un Paese estremamente povero, in preda a permanenti carestie, mentre Xi guida una nuova potenza economica che punta a diventare potenza anche in campo scientifico e tecnologico. Non solo Xi Jinping, a dispetto dell'aria bonaria, ha preteso e ottenuto di inserire il suo pensiero in costituzione, diventando una sorta di oracolo pubblico, e si è fatto rieleggere per il terzo mandato rompendo la regola che fu voluta dal saggio Deng Xiao Ping in chiave anti-assolutista.

Le idee di Xi sono condensate in un tomo di oltre cinquecento pagine, intitolato Governare la Cina, che racchiude le sue idee e discorsi. Alla pagina 67 scrive: «Per realizzare il sogno cinese è necessario esaltare lo spirito cinese. Dobbiamo valorizzare lo spirito nazionale, pervaso di patriottismo e lo spirito dei tempi, per ridare vigore all'intera nazione». Altro che sovranismo, viene da osservare...

Trump da anni ha ben chiare le mire della Cina e i pericoli che queste condensano.

La sua vittoria elettorale ha costituito anche la vittoria di quei valori distintivi dell'Occidente che nelle nostre timorose società sono stati abbandonati per lasciare spazio al pensiero debole impregnato di sensi di colpa e scarso orgoglio. Quanto ai «guru» nostrani confermano la distanza tra le élite autoreferenziali cui appartengono e le grandi questioni del nostro tempo.

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