I palestinesi prigionieri di Iran e Qatar. La guerra "per procura" ostacola il loro Stato

I finanziamenti al terrorismo nella Striscia allontanano la possibilità di una svolta

I palestinesi prigionieri di Iran e Qatar. La guerra "per procura" ostacola il loro Stato
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«Follow the money», segui i soldi. Giovanni Falcone ne fece un metodo d'indagine con cui riuscì a colpire al cuore la mafia. Lo stesso schema potrebbe essere seguito per comprendere appieno la triste - e drammatica - realtà che spesso si cela dietro l'eterno conflitto tra israeliani e palestinesi. Vent'anni fa Silvio Berlusconi mi raccontò questa terribile storia (in maniera diversa l'avevo sentita anche da Bettino Craxi anni prima). Era l'epoca dei kamikaze, giovani palestinesi che si immolavano in azioni di guerra contro gli israeliani. «Può sembrare sconvolgente - mi disse il Cav - ma la guerra, lo scontro con Israele è anche un business per tante famiglie palestinesi in povertà. C'è un meccanismo perverso per cui queste famiglie numerose sacrificano un figlio per la causa per poi ricevere una somma di denaro da Al Fatah, Hamas, Jihad, una sorta di risarcimento, con cui riescono a mettere su, come si dice qui, una bottega, ad avviare un'attività commerciale».

L'idea di un «piano Marshall» per risolvere la crisi medio-orientale a Berlusconi venne proprio di fronte a questa tragica realtà. Da allora non è cambiato molto. Siamo passati da Al Fatah ad Hamas, agli Hezbollah, appunto, ma oltre che sul fondamentalismo religioso, sull'ideale politico, sull'odio razziale la guerra contro Israele per queste realtà è soprattutto un core business, la funzione che gli garantisce un flusso di finanziamenti continuo da vari Paesi del mondo arabo. Per molti aspetti è la principale fonte di sopravvivenza. Che innesca, purtroppo, un circuito infernale: se ti affidi al mare di denaro che arriva dall'Iran, dal Qatar o da altri Paesi arabi, ne diventi schiavo, ti trasformi nel loro utile idiota e nel contempo ti precludi la possibilità di sviluppare un'economia alternativa. Conduci una guerra per procura «perenne» che segue le logiche, i tempi, gli obiettivi delle tue fonti di denaro. Magari con finalità per alcuni versi comuni.

Se l'Iran punta a far saltare l'accordo tra Israele-Arabia Saudita perché persegue un disegno di destabilizzazione dell'area medio-orientale e sogna un nuovo ordine mondiale, Hamas nell'eventualità di un'intesa tra Tel Aviv e Riad perderebbe una parte dei finanziamenti che gli arrivano dagli sceicchi. Per cui per istinto preferisce mantenere lo status quo, cioè la guerra con Israele. Ecco perché in fondo l'idea della pace tra il modo arabo e Israele, di un equilibrio consolidato e per alcuni versi la stessa ipotesi dei due Stati, cara ai sostenitori della causa palestinese, passa per l'eliminazione di Hamas e di tutti coloro che considerano l'eliminazione dello stato ebraico non solo il portato diabolico della loro ideologia, ma addirittura un business.

Paradossalmente Iran e Qatar finanziando Hamas tengono in ostaggio il popolo palestinese, ne ostacolano l'emancipazione e inibiscono, nei fatti, anche la possibilità che nasca uno Stato palestinese. Più meno lo stesso meccanismo con cui gli Hezbollah tengono in ostaggio il Libano.

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