Nei giorni scorsi Gholamhossein Mohseni Ejei, capo della magistratura iraniana, lo aveva detto: da ora in poi si inizieranno a impiccare i volti principali delle proteste che stanno attraversando il Paese. La tragica promessa purtroppo è stata mantenuta.
Nelle scorse ore sono state le stesse autorità di Teheran ad annunciare l'esecuzione della condanna a morte per un ragazzo di 23 anni. Si chiamava Mohsen Shekari e, secondo l'accusa, è stato colpevole “di aver combattuto e di aver estratto la sua arma con l'intenzione di uccidere, provocare terrore e turbare l'ordine e la sicurezza della società”.
Chi era il manifestante ucciso
In Iran le proteste proseguono da oramai tre mesi. Un lasso di tempo che inizia a spaventare i dirigenti della Repubblica Islamica. Dal 1979 in poi, anno della rivoluzione che ha portato al potere gli ayatollah, sono stati tanti i momenti di tensione culminati in importanti proteste di piazza. Mai però i disordini sono andati avanti per più di uno o due mesi.
Da qui probabilmente l'idea di applicare il pugno duro contro i volti più popolari delle manifestazioni. Quando Ejei lunedì ha annunciato l'inizio delle esecuzioni tra i manifestanti accusati e condannati, nelle stesse ore la mano del boia si è mossa per impiccare quattro persone accusate di essere spie israeliane. Si trattava però di imputati arrestati a maggio e che quindi nulla avevano a che fare con le manifestazioni di oggi, iniziate invece a settembre dopo la morte in una stazione di polizia della giovane Masha Amini.
Un'azione dimostrativa per mostrare come la magistratura oramai è definitivamente entrata in campo a favore delle autorità della Repubblica Islamica. Oggi, con l'impiccagione di Mohsen Shekari si è quindi entrati nel vivo della fase più dura della repressione iraniana.
Shekari era stato fermato a Teheran durante uno dei blocchi organizzati per le strade della capitale. Secondo i suoi accusatori, avrebbe intenzionalmente estratto un pugnale dalla sua tasca per aggredire una delle guardie della rivoluzione presenti nella zona. Non solo, ma essendo uno dei giovani più impegnati nelle rivolte, le accuse hanno riguardato altri reati.
Il giovane, in particolare, è stato anche accusato di aver turbato l'ordine sociale e di aver attentato alla sicurezza. Inoltre, il suo comportamento è stato ritenuto contrario alle leggi morali dunque per Shekari è scattata anche l'accusa di “inimicizia contro Dio”. Da qui la condanna a morte contro cui il suo avvocato si era nei giorni scorsi appellato. Il ricorso però in mattinata è stato rigettato e la sentenza è stata drammaticamente eseguita subito dopo. Shekari, secondo il racconto del suo ultimo compagno di cella, era un giovane di 23 anni con la passione dei videogame e con un tranquillo lavoro in un caffè di Teheran. Una vita normale, spezzata così presto nel tentativo iraniano di fermare con il terrore le proteste in corso.
Le reazioni all'interno dell'Iran
Ovviamente dall'esterno le reazioni sono tutte negative. I governi europei hanno intimato all'Iran di fermarsi e di non procedere con altre esecuzioni. Amnesty International ha parlato di decine di cittadini ancora chiusi in cella su cui pende la possibilità di condanne capitali.
Ma anche in Iran le reazioni sono state improntate alla condanna. Molti volti conosciuti del mondo dei social e dello spettacolo hanno espresso le proprie preoccupazioni per quanto accaduto. Forse la reazione più forte in tal senso è quella del rapper Soroush Lashkari, noto con il nome d'arte Hichkas.
“Se gli iraniani in cerca di libertà decidessero di imbracciare le armi – ha scritto su Twitter – avrebbero tutto il diritto di farlo e l'Occidente dovrebbe fare tutto il possibile per sostenerli.
Abbiamo un nemico comune che ha ucciso centinaia di iraniani di negli ultimi mesi e sta cercando di avviare esecuzioni di massa”. Hichkas da anni si trova all'estero ma il suo nome è molto popolare tra i più giovani, per questo le sue dichiarazioni non mancheranno di suscitare clamore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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