Le macerie fumanti dalle quali è stato recuperato il corpo del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, morto soffocato nel suo bunker dopo il raid israeliano a Beirut di venerdì scorso, non sono state ancora rimosse ma già si fa strada con prepotenza una drammatica domanda: chi ha tradito la Guida Suprema del movimento sciita? Un interrogativo la cui risposta, per molti in Libano e non solo, sembra condurre all'Iran e ad un inside job dai risvolti clamorosi.
Asceso al potere a inizio anni Novanta, Nasrallah si è mosso nel Paese dei cedri come un fantasma sfuggendo per decenni ai radar degli 007 di Tel Aviv. Pochi erano a conoscenza dei suoi spostamenti, anche se si sospettava che nel frattempo gli agenti dello Stato ebraico fossero riusciti ad infiltrarsi in profondità nel Partito di Dio. Quello che non si sapeva e si scopre invece oggi dalle pagine di Le Parisien, ripreso dal Guardian, è che nell'operazione Nuovo Ordine che ha portato all'uccisione del comandante dell'organizzazione libanese l'intelligence israeliana avrebbe potuto contare sull'inaspettato aiuto di una talpa di Teheran. Le rivelazioni del quotidiano francese spiegherebbero dunque come i jet dell'Idf siano riusciti ad individuare con tanta accuratezza il leader di Hezbollah.
In effetti già in una precedente occasione, subito dopo la strage di di Hamas del 7 ottobre, Tel Aviv aveva ottenuto informazioni sulla posizione di Nasrallah, sebbene non sia chiaro da quale fonte siano arrivate tali imbeccate. Allora fu la Casa Bianca a fermare il premier Benjamin Netanyahu, pronto a colpire, paventando il rischio di una guerra regionale. Questa volta il presidente statunitense Joe Biden sarebbe stato tenuto all’oscuro dei preparativi del blitz israeliano e proprio l’irritazione dell’amministrazione democratica riportata dalla stampa Usa lascerebbe intendere che non sarebbero stati gli americani e i loro servizi segreti a collaborare con le spie dello Stato ebraico.
A corroborare in particolare la pista iraniana arrivano poi le dichiarazioni di Gilles Kepel, esperto del mondo arabo, che in un’intervista a Repubblica ha affermato come “la spettacolare uccisione di Nasrallah non possa essere stata condotta senza l’aiuto di una parte dell’apparato dell’intelligence iraniana”. A sostegno della sua tesi lo studioso cita una serie di fonti in Libano secondo le quali sarebbero stati i Guardiani della Rivoluzione a fornire agli israeliani le informazioni necessarie per localizzare Nasrallah.
Nella sua analisi della crisi in Medio Oriente l’esperto traccia un curioso paragone storico. “Una parte dell’establishment iraniano”, spiega, “non vuole andare a un confronto diretto contro Israele e medita un cambio di regime. Un po’ come il Kgb della fine dell’Unione Sovietica, dentro ai servizi iraniani c’è chi si è convinto che se la Repubblica Islamica continuerà così davanti c’è solo il collasso dell’Iran”. C’è da dire che altre versioni del possibile complotto interno al fronte sciita legherebbero le iniziative di Teheran alla volontà di arrivare ad un nuovo accordo sul programma nucleare con gli americani.
“Dal 7 ottobre 2023 si è aperta una sequenza di morti più che sospette”, dichiara Kepel ricordando il misterioso incidente in cui ha perso la vita l’ex presidente della Repubblica Islamica Ibrahim Raisi, l’eliminazione nel cuore dell’Iran del capo di Hamas Ismail Haniyeh e, adesso, la neutralizzazione del leader di Hezbollah.
La scia di morti citata dall’accademico e il suo ragionamento sembrano evocare quanto sosteneva Agatha Christie: un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza ma tre indizi sono una prova. E come in ogni giallo che si rispetti il colpevole potrebbe essere l’insospettabile maggiordomo. In questo caso il presunto alleato iraniano del movimento libanese.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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