“Ci sono prove schiaccianti di un coinvolgimento della Cia nell’omicidio di John Fitzgerald Kennedy”. Queste accuse non sorprendono tanto per il contenuto ma quanto per la persona che le ha pronunciate. A rilanciare infatti una delle teorie del complotto più diffuse sull’assassinio avvenuto il 22 novembre del 1963 a Dallas non è stato uno dei tanti americani, e non solo, scettici di fronte alla versione ufficiale sostenuta dal governo bensì Robert F. Kennedy Jr, nipote del primo presidente cattolico degli Stati Uniti. L'erede della vera famiglia reale d'America, candidato indipendente alle elezioni dell'anno prossimo, ha dichiarato a Fox News che ci sono stati “sessant'anni di insabbiamenti” aggiungendo inoltre di avere “prove solide” del coinvolgimento dell’agenzia di Langley. Una convinzione, secondo le affermazioni del politico no-vax, così forte da spingere suo padre, Robert Kennedy ministro della giustizia nell’amministrazione del fratello, a telefonare subito alla Cia per chiedere se fossero stati loro a compiere l'omicidio.
Com'è possibile che a distanza di sessant'anni si parli ancora dell’assassinio del presidente della Nuova Frontiera? Per diversi commentatori la risposta risiede in quella che è considerata una figura quasi mitica, emblema di un’epoca in cui il fascino del politico di origini irlandesi e il glamour di sua moglie Jackie convivevano con momenti di aspro confronto, al limite dello scontro nucleare, con l’Unione Sovietica. Kennedy è ancora oggi al centro della madre di tutti i complotti perché, nonostante i tentativi di rappresentarlo diversamente, è stato un presidente la cui esistenza era intrisa di segreti e trame oscure e lui stesso protagonista di intrighi machiavellici.
È Il Wall Street Journal a ricordare come Jfk soffrisse di importanti problemi di salute, tra cui un mal di schiena quasi invalidante, e facesse uso di farmaci. Una condizione clinica nascosta al pubblico americano. Dei suoi tradimenti si è parlato a lungo ma, più che quelle tra le lenzuola, erano le sue giravolte in politica interna ed estera ad aver contribuito ad alimentare le teorie cospiratorie sulla sua morte violenta. All’interno del Partito democratico i progressisti convivevano con i suprematisti bianchi degli Stati del sud e per mantenere unita la coalizione Kennedy era costretto ad ingaggiare spericolati accordi dietro le quinte.
Non andava meglio in politica estera. L’allora inquilino della Casa Bianca inviava il fratello in gran segreto a negoziare con i sovietici un accordo sugli armamenti nucleari evitando di informare il suo segretario di Stato o il consigliere per la Sicurezza nazionale. È nella spregiudicata gestione degli affari internazionali da parte del presidente democratico che in molti sospettano si possano nascondere i mandanti del suo assassinio. Continuando la tradizione inaugurata dal suo predecessore Dwight Eisenhower, Kennedy ha approvato operazioni segrete della Cia in numerosi Paesi, tra cui la Germania, la Francia e l’Italia e soprattutto quella fallimentare a Cuba della Baia dei porci. Si è parlato tanto dei progetti di avvelenamento di Fidel Castro e di attentati terroristici nel Paese organizzati da elementi della mafia al soldo degli americani. Vicende opache per cui non è stato ancora possibile accertare una responsabilità diretta di Jfk ma che gettano una luce sinistra anche su quanto accaduto a Dallas.
Se però c’è una nazione in cui è possibile cercare la vera eredità del presidente di Camelot quella è il Vietnam. Infatti, è durante il suo mandato che gli Stati Uniti aumentano il loro coinvolgimento nel sud est asiatico cercando di rafforzare politicamente e militarmente il Vietnam del Sud e appoggiando il colpo di Stato contro Ngo Dinh Diem. Poche settimane dopo la deposizione del capo del regime dell’allora Saigon arrivarono gli spari mortali nella città texana.
Insomma, a giudicare dalle mille trame in cui è stato coinvolto, la
fine dell’innocenza per l’America non sarebbe quindi cominciata in una fredda mattina di novembre di 60 anni fa bensì quando Kennedy ha fatto il suo ingresso per la prima volta alla Casa Bianca.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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