Uno spiraglio per la fine della guerra nella Striscia di Gaza sembra aprirsi in queste ore. Infatti, complice l’insediamento della nuova amministrazione americana di Donald Trump previsto il 20 gennaio, i colloqui che dovrebbero portare al rilascio degli ostaggi in mano ad Hamas e ad un cessate il fuoco si susseguono senza sosta. L’ultimo ad esprimere un cauto ottimismo è il direttore della Cia William Burns che in un'intervista alla National Public Radio ha dichiarato che i negoziati in corso in questo momento sono “piuttosto seri” e offrono la possibilità di concludere un accordo “nelle prossime due settimane”.
Il capo degli 007 Usa, che si appresta a cedere il testimone a John Ratcliffe (il nuovo responsabile della Cia scelto dal tycoon), ha precisato di ritenere che “ci sia una possibilità" di raggiungere un’intesa ma "ho imparato a mie spese a non farmi illusioni". Burns ha poi aggiunto che il presidente Biden continuerà a lavorare "molto duramente su questo fino al 20 gennaio e penso che il coordinamento con la nuova amministrazione su questo tema sia stato buono". Nel corso del suo intervento ha inoltre affermato che "ci sono tutte le ragioni per cui i leader politici dovrebbero riconoscere che quando è troppo è troppo, che la perfezione è raramente nel menù in Medio Oriente e che è tempo di fare un accordo".
Dichiarazioni confermate dalla Casa Bianca. Il portavoce del consiglio per la Sicurezza nazionale, John Kirby, durante un un briefing con i giornalisti ha detto che un'intesa per la liberazione degli ostaggi a Gaza "è possibile" prima dell'inaugurazione di Trump "ma c'è ancora del lavoro duro davanti a noi". A tal fine si segnala che il segretario di Stato Antony J. Blinken ha parlato ieri con il ministro degli Esteri dell’Oman Sayyid Badr Albusaidi. Il portavoce del Dipartimento di Stato Usa ha reso noto che Blinken e Albusaidi, oltre che di Libano, Houthi e Siria, hanno discusso dei “continui sforzi per raggiungere un cessate il fuoco che garantisca il rilascio di tutti gli ostaggi" nella Striscia.
Il team del 47esimo presidente non sta a guardare. Trump ha affermato che se i miliziani che controllano Gaza non rilasceranno gli israeliani entro il giorno del suo insediamento “si scatenerà l’inferno” e “non sarà un bene per Hamas e per nessuno”. Steve Witkoff, inviato per il Medio Oriente nominato dal repubblicano, è intanto volato a Doha per parlare dei negoziati su Gaza con il premier del Qatar, Mohammed bin Abdul Rahman al-Thani. È arrivato invece negli Stati Uniti il ministro per gli Affari strategici israeliano Ron Dermer che è stato ricevuto da Mike Waltz, il prossimo consigliere per la Sicurezza nazionale. Anche in questo caso al centro dei colloqui ci sarebbero stati gli sforzi per raggiungere un accordo sul cessate il fuoco e sulla liberazione degli ostaggi di Tel Aviv.
In Israele i progressi sulle trattative vengono accompagnati dalle minacce. Infatti, stando a quanto riferisce Times of Israel il ministro della Difesa dello Stato ebraico, Israel Katz, ha ordinato all’Idf di presentargli un piano "per la sconfitta completa di Hamas" nella Striscia se non ci sarà un accordo sugli ostaggi entro il ritorno di Trump alla Casa Bianca. Il ministro israeliano ha sottolineato che "non dobbiamo essere trascinati in una guerra di logoramento che ci costerà molto e non porterà alla vittoria e alla sconfitta strategica completa di Hamas e alla fine della guerra a Gaza". Katz ha chiesto all'esercito di "specificare i problemi che potrebbero rendere difficile l'attuazione del piano, tra cui la questione umanitaria e altre questioni, e lasciare che sia la classe politica a prendere le decisioni necessarie".
"Nessun arabo o altra controparte”, ha proseguito il responsabile della difesa di Tel Aviv, “si assumerà la responsabilità di gestire la vita civile a Gaza finché Hamas non sarà completamente schiacciato".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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