
Dopo 43 giorni dal suo discorso di insediamento del 20 gennaio, Donald Trump è tornato a Capitol Hill, in prime time, davanti a milioni di americani. Nel breve percorso inverso dalla Casa Bianca al Campidoglio, ci sono le appena sei settimane di attività di una presidenza che sta già cambiando il volto dell'America e i suoi rapporti col resto del mondo. Ad attendere con una standing ovation il tycoon nell'aula della Camera dei rappresentanti, tutto l'universo politico trumpiano, compreso Elon Musk. I Democratici che non hanno disertato l'appuntamento brandivano delle palette in stile concorso di bellezza, con impressi slogan di protesta. Non una grande scelta, criticata anche dai media liberal.
Tecnicamente non è stato un Discorso sullo Stato dell'Unione, ma ne ha conservato tutta la liturgia. Un'ora e 40 minuti, uno dei più lunghi di sempre. Trump ha interpretato il suo ruolo in perfetto stile «Maga», senza alcuna intenzione di smussare i toni, anzi rivendicando con forza tutti gli atti più divisivi di queste settimane. «L'America è tornata!», ha detto, ripartendo dalle parole pronunciate dopo il suo giuramento. Alle prime contestazioni dei Dem, Trump ha replicato: «La gente mi ha eletto per svolgere un lavoro, e lo sto facendo». È stata questa la chiave di un discorso col quale il tycoon, come in campagna elettorale e nelle decine di interventi pubblici di queste settimane, ha ancora una volta parlato innanzitutto al «suo popolo», incurante delle reazioni esterne. Ecco allora elencate le vittorie nella guerra culturale combattuta tra le due anime del Paese: «Ho messo fine alla tirannia woke. Stop anche alla truffa ecologista». E poi l'elogio della motosega anti burocrazia di Musk. Anche se è proprio su questo fronte che stanno arrivando le prime battute d'arresto per il Trumpismo 2.0.
A sorpresa, la Corte Suprema a maggioranza conservatrice ha ordinato all'Amministrazione di onorare due miliardi di dollari di pagamenti per lavori già svolti dagli appaltatori di Usaid, l'agenzia per lo sviluppo internazionale smantellata da Musk in pochi giorni. Ma Trump ha tanti altri successi da rivendicare agli occhi degli americani che lo hanno votato, a cominciare dall'immigrazione: «Non serviva una nuova legge, bastava un nuovo presidente». Per ora, il tycoon ha parlato come sempre alla pancia del suo elettorato, in attesa di poter parlare anche al portafoglio. Con l'inflazione ancora alta, non ha potuto che addossare la colpa al suo predecessore: «Abbiamo ereditato una catastrofe economica». Ma è parso consapevole che gli effetti a breve termine delle guerre dei dazi che sta scatenando con mezzo mondo potranno essere dolorosi anche per le tasche degli americani. «Ci sarà qualche fastidio», ha ammesso. Anche nei passaggi di politica estera, ha voluto privilegiare l'audience interna, a cominciare dalla questione dell'Ucraina. «È ora di fermare questa follia», ha ripetuto per l'ennesima volta. «Ho apprezzato la lettera di Zelensky», ha poi detto con tono conciliante, riguardo al riavvicinamento in corso dopo la rottura nello Studio Ovale.
Ma non ha fornito dettagli sui prossimi passi, quello che ci si aspettava nelle cancellerie europee. Più che delle conseguenze geopolitiche, vale come sempre il patto stretto in campagna elettorale: «Promesse fatte, promesse mantenute».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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