Secondo l’Unione europea, la Polonia è tornata ad essere un Paese democratico in cui lo Stato di diritto viene rispettato. Il ministro degli Esteri belga Hadja Lahbib, a nome della presidenza di turno dell’Ue, ha annunciato che il Consiglio Affari Generali “ha preso atto dell’intenzione della Commissione di porre termine alla procedura” dell’articolo 7 attivata nel dicembre del 2017.
“Siamo molto lieti di riaccogliere la Polonia in prima fila. È un gran giorno per 37 milioni di polacchi e un gran giorno per l'Ue”, ha aggiunto Lahbib. Secondo il commissario Vera Jourova, la nazione esteuropea ha dato prova di avere “una chiara determinazione a correggere la situazione nel sistema giudiziario”, ma ha anche sottolineato che “continueremo a monitorare la situazione nell'ambito del rapporto sullo Stato di diritto”. Il ritiro della procedura dovrebbe essere formalmente completato entro la fine di maggio, dopo la convalida da parte di tutti gli Stati membri dell’Unione.
Questo sviluppo rappresenta una vittoria politica per il primo ministro polacco Donald Tusk, determinato a migliorare le relazioni tra Varsavia e Bruxelles. Il suo esecutivo ha presentato a metà febbraio un piano composto da nove progetti di legge concepiti per ribaltare le riforme del sistema giudiziario approvate durante il governo del partito Diritto e giustizia (Pis). La Commissione ha risposto con lo sblocco di 137 miliardi di euro di fondi spettanti alla Polonia e congelati nell’ambito del contenzioso tra il Paese e l’Unione.
La procedura dell’articolo 7 era stata attivata a seguito della riorganizzazione della magistratura voluta dal Pis, che era stata percepita da Bruxelles come una svolta illiberale e una violazione dell’indipendenza dei giudici. “Le riforme giudiziarie in Polonia significano che il sistema giudiziario del Paese è ora sotto il controllo politico della maggioranza al potere”, aveva dichiarato la Commissione. L’”opzione atomica” dell’Ue era stata attivata solo in un’altra occasione contro l’Ungheria. Dopo un processo lungo e complesso, essa può portare alla perdita temporanea dei diritti di una nazione in seno all’Unione, tra cui quello di voto.
Oltre alle riforme del sistema giudiziario, nel corso degli anni Bruxelles ha preso di mira anche il crescente controllo del governo polacco sui media, la legge sulla limitazione dell’aborto e la discriminazione della comunità Lgbt. Tutte queste critiche e attacchi hanno finito per dipingere la Polonia come uno Stato autoritario, fatto di opposizione inesistente, schiavizzazione della magistratura e controllo totale dell’esecutivo sulla comunicazione.
La vittoria dei filo-europei guidati da Donald Tusk nelle elezioni dell’ottobre scorso, però, è servita a ricordare che la democrazia gode di una salute di ferro a Varsavia e che il Paese è ben lontano dall’essere un regime dittatoriale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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