Dopo anni di tira e molla, la Corte Suprema ha imposto all'ex presidente Donald Trump di consegnare la dichiarazione dei redditi alla Commissione della Camera che chiedeva al tycoon di entrare in possesso del documento sin dal 2019. Il deputato dem Richard E. Neal del Massachusetts, che ha richiesto i documenti fiscali in qualità di presidente del "Ways and Means Committee", ha dichiarato che il suo comitato ora analizzerà la dichiarazione dei redditi del magnate. La stampa americana si chiede se ora il comitato presieduto da Neal divulgherà il file, ma un assistente del deputato dem, parlando a condizione di anonimato con il New York Times, sottolinea che non verrà presa alcuna decisione fino a quando i legislatori non avranno ricevuto la documentazione. Non è la prima volta che la Corte Suprema a maggioranza conservatice dà torto a Trump: nel 2020 ha bocciato i suoi sforzi di contestare le elezioni presidenziali che hanno visto trionfare Joe Biden; in un'altra occasione ha inoltre rifiutato la sua richiesta di impedire ai pubblici ministeri di New York di ottenere alcuni dei suoi registri finanziari.
"Sono passati 1.329 giorni da quando il nostro comitato ha richiesto le dichiarazioni dei redditi di Donald Trump, quasi quanto la guerra civile americana", ha affermato in una nota il dem Bill Pascrell, Jr. "E per 1.329 giorni, la nostra richiesta fatta ai sensi della legge è stata ritardata, offuscata e bloccata da Donald Trump e dai suoi aiutanti nel governo e nei tribunali". Secondo il Nyt, Trump non ha pagato imposte federali sul reddito in 11 dei 18 anni presi in esame, facendo ricorso inoltre a misure discutibili, tra cui un rimborso fiscale di 72,9 milioni di dollari che, a partire dal 2020, è stato oggetto di una verifica da parte dell'Internal Revenue Service.
Altra sconfitta in tribunale ad Atlanta
Non è l'unica sconfitta pesante giudiziaria che Donald Trump deve affrontare in queste ore. Anche la corte d’appello di Atlanta, che doveva pronunciarsi sulla presunta violazione dei suoi diritti da parte del dipartimento di Giustizia durante il "raid" dell'Fbi nella sua residenza a Mar-a-Lago, ha dato torto al tycoon. Come scrive il Corriere della Sera, tutti e tre i giudici della corte d’appello - tre repubblicani, due dei quali nominati dallo stesso Trump - sembravano orientati a respingere la decisione della magistrata Aileen Cannon, che a settembre aveva accettato la sua richiesta di nominare un consulente speciale indipendente (special master) per l’esame del sequestro. Tuttavia, i giudici hanno infine stabilito che non è colpa delle autorità se documenti personali dell’ex presidente sono stati prelevati, poiché è stato lui a mischiarli con quelli prelevati alla Casa Bianca. Ennesima doccia fredda per il magnate, che molti repubblicani hanno deciso di non sostenere in vista delle presidenziali del 2024. Fra questi c'è anche l'ex ministro della giustizia William Barr, recatosi due volte in Italia nell'estate 2019 per indagare sulle origini del Russiagate e sul docente maltese scomparso, il professor Joseph Mifsud.
The Donald a processo
Nonostante il flop alle elezioni di midterm e la performance deludente dei candidati da lui sostenuti, Trump ha annunciato lo scorso 15 novembre la sua terza candidatura alla Casa Bianca, dopo quella vincente del 2016 e quella in cui ha perso contro Joe Biden, nel 2020. Dovrà tuttavia fare i conti con alcune grane giudiziarie che potrebbero seriamente ostacolare la sua corsa.
Il giudice della Corte suprema di Stato di New York Arthur Engoron, come riportato dall'agenzia Agi, ha fissato per il 2 ottobre 2023 l'inizio del processo a Donald Trump, la sua compagnia, la Trump Organization, e i tre figli Donald Jr, Ivanka e Eric, accusati di aver truccato il valore delle loro proprietà e di frode fiscale per poter accedere a finanziamenti da centinaia di milioni di dollari da parte delle banche.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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