Pochi minuti prima della visita alla Casa Bianca del premier israeliano Benjamin Netanyahu, il primo leader straniero ad essere accolto a Washington dall’insediamento di Donald Trump lo scorso 20 gennaio, il tycoon ha firmato l'ordine esecutivo con cui farà uscire gli Stati Uniti dal Consiglio dei diritti umani dell'Onu e proibirà ogni nuovo finanziamento all'Unrwa, l'agenzia delle Nazioni Unite per l'assistenza dei rifugiati palestinesi. Il commander in chief ha inoltre firmato un provvedimento per imporre la "massima pressione" su Teheran precisando di aver dato l'ordine di "annientare" l'Iran qualora il regime islamico dovesse assassinarlo.
Netanyahu è "un grande leader di Israele e ha fatto un ottimo lavoro", ha detto Trump ricevendo nello Studio Ovale il premier dello Stato ebraico. "Vogliamo tutti la pace, anche lui", ha aggiunto il presidente sottolineando l'amicizia che li lega. Il tycoon ha ribadito che con lui alla guida degli Stati Uniti non ci sarebbero state la guerra in Ucraina e la strage di Hamas del 7 ottobre. "Ci sono molti fuochi accesi ma noi li spegneremo tutti", ha dichiarato il presidente sostenendo poi ancora una volta l'idea di trasferire nei vicini Stati arabi i palestinesi attualmente nella Striscia di Gaza - "vivono in un inferno, nessuno vorrebbe viverci" - e mostrandosi ottimista sulla possibilità di convincere Egitto e Giordania (ed altri Paesi) ad accoglierli.
Rispondendo ad una domanda su chi tra Joe Biden e il repubblicano abbia avuto un ruolo maggiore nell'accordo per la tregua a Gaza, Netanyahu ha detto di essere "contento" che alla Casa Bianca ci sia The Donald, che a suo dire sarebbe intervenuto con "molta forza" dando prova di una "leadership potente". Bibi ha chiarito di volere "la liberazione di tutti i nostri ostaggi e il raggiungimento di tutti i nostri obiettivi di guerra, compresa la distruzione di Hamas".
La tempistica dell’incontro tra Trump e il premier israeliano, con la prima delle tre fasi dell’accordo su Gaza quasi completata e la situazione mediorientale più fluida che mai, ha reso il vertice un appuntamento tra i più delicati della nuova amministrazione americana. La portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha affermato che “il fatto che Benjamin Netanyahu sia il primo leader straniero alla Casa Bianca dimostra che il presidente Trump continuerà a schierarsi fermamente con Israele e che è impegnato con tutto il cuore a garantire che tutti gli ostaggi ritornino a casa”.
Il 47esimo presidente ha riservato al premier israeliano una calorosa accoglienza. Lontane sembrano le tensioni tra l’amministrazione democratica di Biden e il governo dello Stato ebraico durante le fasi più intense dell’operazione militare di Tsahal contro Hamas. Eppure, come riporta la Cnn, la cordialità dell'incontro nello Studio Ovale potrebbe nascondere una relazione tra i due leader più complicata di quanto non appaia in superficie. I negoziati per la seconda fase che prevede la liberazione di tutti gli ostaggi e il ritiro dell’Idf dall’enclave palestinese sono cominciati e per Netanyahu è importante accertare la posizione degli americani sullo spinoso dossier. Trump, alla vigilia del meeting ha affermato di non avere garanzie che la tregua nella Striscia reggerà mentre il suo inviato per il Medio Oriente, Steve Witkoff, ha detto che pensare che quel territorio possa tornare "abitabile" in cinque anni è "assurdo".
Netanyahu, prima di partire per Washington, ha affermato che le operazioni militari israeliane “hanno già ridisegnato la mappa mediorientale” e lavorando assieme a Trump sarà possibile “modificarla ancora di più e per il meglio”. Bibi deve però fare i conti con l’opposizione all'accordo con i miliziani islamisti interna al suo governo. Oggi la ministra israeliana degli insediamenti e dei progetti nazionali Orit Strock ha dichiarato che se il premier procederà con la fase successiva della tregua - definita una “direzione disastrosa” - il suo partito di estrema destra si assicurerà che “il governo non continui a esistere”. Il quotidiano Yedioth Ahronoth ha poi rivelato domenica scorsa che Tel Aviv chiederà che nella seconda fase si realizzino l’esilio dei capi di Hamas, la demilitarizzazione della Striscia e il rilascio di tutti gli ostaggi, inclusi quelli deceduti.
Un membro dell'entourage del premier ha dichiarato a Channel 12 che "Israele non può rinunciare alla richiesta della fine del controllo di Hamas su Gaza e alla smilitarizzazione della Striscia come parte degli accordi che consentiranno la prosecuzione dell'attuale intesa su ostaggi e cessate il fuoco". Il funzionario ha inoltre aggiunto che "Hamas non può essere coinvolta in alcun modo nella gestione di Gaza. Se Hamas non accetta questo, allora gli Stati Uniti devono sostenere Israele nel combattere Hamas a Gaza in un modo diverso da quello in cui abbiamo potuto combattere durante l'era dell'amministrazione Biden".
Una prima reazione alle parole pronunciate oggi da Trump è arrivata da un alto funzionario di Hamas che le ha definite una "ricetta per creare caos e tensione " in Medioriente e "la
nostra gente nella Striscia di Gaza non permetterà che questi piani vengano approvati. Quello che serve è la fine dell'occupazione e dell'aggressione contro il nostro popolo, non la loro espulsione dalla loro terra".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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