
A bordo dell'Air Force One, mentre rientrava da Mar-a-Lago, Donald Trump ha ribadito con fermezza la sua posizione sui dazi, escludendo qualsiasi ipotesi di riduzione sulle tariffe imposte su acciaio e alluminio. Rispondendo alle domande dei giornalisti, il Presidente degli Stati Uniti ha chiarito senza mezzi termini: "No, non ho alcuna intenzione di farlo".
Nessuno sconto sui dazi
Trump ha poi confermato l'avvio delle imposte reciproche a partire dal 2 aprile, una misura pensata per contrastare quelle che Washington considera pratiche commerciali sleali. "Il 2 aprile sarà un giorno di liberazione per il nostro Paese", ha affermato con enfasi, sottolineando che il provvedimento porterà un afflusso di capitali significativo: "Miliardi di dollari sono già entrati nelle casse americane, e il grosso dei fondi arriverà proprio dal 2 aprile". Negli Stati Uniti, da mercoledì 12 marzo, è ufficialmente entrata in vigore una tariffa del 25% sulle importazioni di acciaio e alluminio provenienti da tutti i Paesi. Inizialmente,Trump aveva ventilato l’ipotesi di raddoppiare al 50% la tassa sui metalli canadesi, ma ha poi fatto marcia indietro. A far cambiare idea al Presidente è stata la decisione del Canada di sospendere una nuova imposta sull’elettricità destinata a Washington, oltre all’avvio di nuovi negoziati commerciali tra i due Paesi.
Le reazioni alle politiche sui dazi
Guardando agli altri fronti della guerra commerciale, l’Unione Europea ha reagito ai dazi statunitensi su acciaio e alluminio introducendo, da aprile, contro-tariffe su beni americani per 28 miliardi di dollari, estendendo così la lotta commerciale di Trump oltre l’Atlantico. Il Presidente ha minacciato ritorsioni mirate contro il blocco europeo e giovedì scorso ha paventato un’imposta del 200% su vini, champagne e alcolici se Bruxelles non avesse rimosso la tariffa sul whisky statunitense. Sul fronte cinese, l’amministrazione Trump ha innalzato al 20% le tariffe su diversi beni cinesi, aggiungendosi al dazio del 10% in vigore dal primo mandato presidenziale. Pechino ha reagito con imposte fino al 15% su prodotti agricoli americani, tra cui carne di pollo e maiale, a partire dal 10 marzo.
Molti governi, tra cui Giappone, Australia, Messico, Brasile e Gran Bretagna, hanno scelto di non rispondere, almeno per il momento, temendo che una reazione possa peggiorare le relazioni internazionali e incidere negativamente sulle proprie economie. Tuttavia, questi Paesi si stanno preparando per il prossimo round di tariffe che Trump intende introdurre il 2 aprile, quando il Presidente ha annunciato che imporrà nuove tariffe su auto importate e su quelle nazioni che, secondo lui, discriminano gli Stati Uniti.
Gli effetti sui mercati azionari
Le recenti mosse commerciali di Trump hanno scosso i mercati azionari e alimentato le preoccupazioni sull’economia globale. Mercoledì scorso, i mercati hanno visto fluttuazioni tra guadagni e perdite, mentre gli investitori valutavano l’impatto dei dazi in contrasto con i dati migliori del previsto sull’inflazione di febbraio. Gli analisti hanno messo in guardia contro gli effetti a lungo termine del piano tariffario di Trump, avvertendo che potrebbe causare un aumento dell’inflazione e rallentare la crescita economica.
Lunedì, poi, Goldman Sachs ha abbassato le sue previsioni di crescita economica per gli Stati Uniti nel 2025, riducendole dal 2,4% all'1,7%, citando le politiche commerciali sfavorevoli. "Questo potrebbe essere il report sull'inflazione prima della tempesta", ha dichiarato Seema Shah, chief global strategist presso Principal Asset Management, riferendosi ai dati sull’inflazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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