Gli uomini con il passamontagna e le bandane verdi del martirio strattonano Arbel Yehud da una parte all'altra. Attorno a lei la calca. Yalla, yalla. Andiamo, andiamo. È il bottino di guerra che ora è pronto per lo scambio. È il pezzo di carne che avanza mentre l'orda che la circonda le si vuole buttare addosso perché, da quelle parti, l'unico ebreo buono è quello morto. E pure Arbel dovrebbe fare la stessa fine.
La ragazza tiene lo sguardo basso. Non sa dove andare. Né cosa fare. Per oltre un anno gli uomini che ha attorno si sono nascosti nei bunker mentre i caccia israeliani bombardavano Gaza. Per oltre un anno hanno nascosto le loro divise, i loro elmetti e le loro bandane. Si sono nascosti tra i civili facendoli massacrare. E oggi rispuntano. Sono le memorie del sottosuolo della Striscia. Quelle che non passano mai. E che riemergono dall'ombra. Sono i fantasmi di della Jihad islamica, o di quello che ne resta, insieme ad Hamas.
Quegli uomini vogliono conservare i video e le foto di Arbel. La ragazza - fatta prigioniera il 7 ottobre del 2023, quando i terroristi sono entrati a Nir Oz - viene accusata di aver collaborato con le Idf. È lei l'ostaggio su cui si bloccano per giorni le trattative. I palestinesi la considerano una militare, il governo israeliano no. Tutto sembra saltare, poi la liberazione.
E il video, che troverà poco spazio in questo Occidente sempre più stanco di se stesso e sempre più ipocrita su ciò che accade in Medio Oriente.Dopo 487 giorni Arbel è fuori. Ma, come ultima prova del fuoco, il passaggio tra quegli uomini. E un incubo che si chiude per sempre.
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