"Accogliamo chi ha soldi per gli scafisti". Meloni non cede sui migranti

Per il presidente del Consiglio, che ha parlato a "Porta a Porta", lo scontro con la Francia sulla Ocean Viking è stata la spia di un problema che necessita di una risoluzione in chiave europea

"Accogliamo chi ha soldi per gli scafisti". Meloni non cede sui migranti

Giorgia Meloni torna sul tema che ha caratterizzato l'inizio del suo mandato, quello dei migranti. Nel corso della registrazione di Porta a Porta, il presidente del Consiglio ha parlato del confronto serrato tra Italia e Francia: uno scontro molto duro che ha visto l'Eliseo colpire duramente Palazzo Chigi per non avere autorizzato lo sbarco dei migranti della Ocean Viking, costretta poi a fare rotta verso Tolone, in Francia.

Lo scontro scaturito da quel rifiuto ha mostrato, ancora una volta, le difficoltà da parte dell'Unione europea di gestire il fenomeno migratorio con una vera condivisione del monitoraggio delle frontiere esterne e successiva ridistribuzione delle persone approdate in territorio Ue. Parigi, in quell'occasione, aveva anche deciso di interrompere l'accordo di ricollocamento dei richiedenti asilo con l'Italia e aveva oltretutto chiesto agli altri governi europei di fare altrettanto, nella speranza di isolare Roma e quindi riuscire a far cambiare posizione all'esecutivo di centrodestra. Il blitz di Emmanuel Macron è fallito: molti esecutivi hanno evitato di seguire l'esempio francese manifestando la volontà di mantenere quell'accordo. Tuttavia, la disputa tra i due Stati ha caratterizzato non solo i rapporti bilaterali, ma anche quelli interni di tutta l'Europa, rimarcando quelle divisioni che lacerano da tempo Bruxelles.

Meloni è tornata sul tema rivendicando la "frizione" tra Italia e Francia, "perché credo che, al di là della propaganda e delle posizioni di parte, si è vista la posizione francese alla prima nave Ong mai sbarcata in Francia, con a bordo 230 persone". "È la spia di un problema che io temevo e della quale ho avuto conferma" ha aggiunto Meloni ai microfoni del programma di Rai 1. E del resto, le ultime dichiarazioni al di là delle Alpi fanno credere che l'affaire sia tutt'altro che superato. Sui migranti, ha continuato la premier, "la soluzione non credo sia la redistribuzione" ma "fermare le partenze", e questo perché "il 70% rimane da noi, gli altri 30 un po' li redistribuiamo". Un tema particolarmente caro al governo che punta soprattutto sul fatto che l'Italia non possa rimanere isolata così come gli altri Paesi di primo approdo lungo le rotte del Mediterraneo. Motivo per cui anche Cipro, Grecia e Malta avevano sottoscritto un documento per segnalare i problemi dei Paesi di frontiera.

Per Meloni, il problema è duplice. Da un lato quello della condivisione dei costi e delle responsabilità tra Paesi Ue, una solidarietà richiesta da tutti anche in virtù di quel sentimento europeista su cui si dovrebbero fondare le politiche di tutti gli Stati membri. Su questo tema, per l'esecutivo di centrodestra è fondamentale frenare le partenze in quanto cartina di tornasole della protezione delle frontiere esterne dell'Unione europea, come del resto avviene anche nell'area orientale dell'Europa o in Spagna.

Dall'altro lato, il capo del governo ha anche sottolineato un altro punto: quello di capire chi merita tutela internazionale e chi invece no. Sul punto Meloni, sempre a Porta a Porta, ha affermato una posizione molto netta: "In questi anni abbiamo confuso due materie che non c'entravano nulla l'una con l'altra, il tema dei profughi e quello dell'immigrazione. Abbiamo penalizzato chi voleva rispettare le regole e voleva lavorare qui. Quelli che accogliamo noi sono, molto più banalmente, quelli che hanno i soldi da dare agli scafisti. Non credo che questo sia un modo intelligente di gestire il tema dei profughi e dell'immigrazione".

Del resto, anche la commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, aveva posto il problema di chi merita tutela come rifugiato proprio parlando del caso Ocean Viking prima di incontrare il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. In quell'occasione, poche ore prima del vertice in Germania, la commissaria Ue aveva detto che era necessario "tener presente che una netta maggioranza delle persone che arrivano oggi attraverso la rotta del Mediterraneo centrale non ha bisogno di protezione internazionale" in quanto spesso portati a viaggi della speranza motivati da ricerca di migliori condizioni di vita o per lavoro. Per questo, spiegava Johansson, "è importante affrontare come prevenire il fatto che le persone intraprendano questi viaggi pericolosi, alle volte mortali, lungo il Mediterraneo".

Meloni ha proposto una strada: quella dei consolati in Africa per valutare lì, nei luoghi partenza, le richieste d'asilo. Percorso non privo di ostacoli e che richiederebbe un lavoro unitario da parte dell'Europa, chiamata ancora una volta a fornire una risposta a un tema che non può più essere considerato un'emergenza, ma una condizione ormai costante che risulta difficile da gestire.

Vale per il Mediterraneo centrale, così come per la rotta balcanica: una via di accesso al cuore dell'Europa che lambisce anche ai confini italiani e su cui, per questo motivo, il governo ha recentemente acceso i riflettori.

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