La Germania ora esplode: "Siamo invasi"

Sindaci, Cdu e opinione pubblica si ribellano: "Basta finanziare le Ong a loro capriccio"

La Germania ora esplode: "Siamo invasi"
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La goccia che ha fatto traboccare il vaso della pazienza tedesca sta tutta in un'immagine: autobus con a bordo decine di migranti in cerca d'asilo diretti in vari Länder del Paese, senza neanche un preavviso ragionevole alle autorità locali. Da venerdì infatti il centro di accoglienza di Suhl non accetta più rifugiati. Scoppia. Siamo nella Turingia dei borghi medievali, dove molte comunità sono sul piede di guerra. Sempre più sindaci esprimono preoccupazione per l'afflusso di migranti. La Cdu accusa il cancelliere Scholz di sottrarsi al confronto, con Friedrich Merz, leader dei cristiano-democratici che critica il sistema di accoglienza per i richiedenti asilo: pur respinti, sostiene, non solo non lasciano il Paese ma riceverebbero «tutti i sussidi» e «vanno a rifarsi i denti» a spese dello Stato. Merz denuncia una lunga serie di «fattori di attrazione» messa in campo dal governo rosso-verde. Il deputato e portavoce Cdu Alexander Throm è ancora più esplicito sul dossier Ong: «Basta, non è possibile» che la ministra Baerbock scelga «singoli operatori di soccorso in mare a suo capriccio e che i contribuenti debbano finanziarli».

Anziché dar risposte, se non dicendo che Merz mente, l'esecutivo rosso-verde sabato sera ha reso note nuove destinazioni per i migranti in «esubero» dal centro di Suhl che non accetta più arrivi: ospita più di 1.600 persone, capienza e regole antincendio ne consentirebbero al massimo 1.400. La Cdu chiede che non vadano in altri comuni. Invece un portavoce del ministero taglia corto: 75 trasferimenti a Eisenberg, 80 a Hermsdorf e poi in altri Länder. Si è raggiunto lo scontro totale. E oggi altri 100 dovrebbero andare a Erfurt e una trentina a Nordhausen per far fronte a sovraffollamento (e casi di scabbia). Ma come mai è diventata centrale la cittadina di Suhl di neppure 35 mila abitanti? Già nell'ottobre 2015 qui scoppiò una maxi-rissa tra profughi, con feriti anche tra gli agenti per una lite sul Corano; episodio che pochi mesi dopo portò Angela Merkel a stringere l'accordo «europeo» con la Turchia di Erdogan. Marzo 2016. I tedeschi non credono nei complotti, ma sanno contare e guardano i fatti. E perdono le staffe se il governo fa spallucce. O se si limita a blindare i confini senza dare segnali sul medio e lungo periodo nel Mediterraneo. Perfino l'ex presidente della Repubblica federale, Joachim Gauck, ha messo in guardia sull'imminente perdita di controllo della politica migratoria.

C'è poi il dossier rimpatri: «La Germania non sta facendo alcun progresso», attacca Mario Voigt (Cdu). Per la Turingia, l'anno scorso solo 239 espulsioni su 5.349 che dovevano lasciare il Paese. La Cdu chiede «centri per il rimpatrio», non strutture provvisorie da cui si fugge. E soldi da investire in aerei per imbarcare i «bocciati» dalla protezione e riportarli in Africa anziché pagare navi private per traghettare altri migranti sulle coste di Lampedusa e quindi in Germania. Merz pressa Scholz mostrando l'impatto delle scelte rosso-verdi anche nei sondaggi: in Meclemburgo-Pomerania, Brandeburgo, Sassonia e Turingia la destra di Alternative für Deutschland (AfD) è già primo partito.

E l'8 ottobre c'è il voto regionale in Assia e Baviera (dove l'accoglienza è al collasso). Il vicecancelliere Habek ha allertato i verdi, parlando di decisioni «moralmente difficili» come i controlli al confine con Repubblica ceca e Polonia.

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